Bompensiere, Milena, Montedoro, Serradifalco e San Cataldo: sono i Comuni della provincia di Caltanissetta direttamente coinvolti dal Decreto della Regione Siciliana – che ha dato il via al Piano regionale per l’amianto – per la realizzazione di centri di stoccaggio definitivo dei manufatti.
Una prospettiva accolta negativamente dalle comunità locali, che da settimane protestano contro la decisione governativa, invocando progetti di rinascita per il territorio piuttosto che la presenza di discariche.
Una vicenda che riguarda non soltanto gli amministratori locali, chiamati a fornire il proprio contributo, ma anche le realtà associative e politiche che operano nel territorio e che contestano la scelta dei siti nella Sicilia centrale, in aree occupate da miniere dismesse di sali.
Una decisione che, secondo gli ambientalisti, graverebbe soprattutto sulla provincia nissena, nei territori di Milena e di Bosco Palo, ma anche sull’ennese – il sito di Pasquasia – e sul versante etneo, dove è stato individuato un altro punto presso la cava di Biancavilla.
Nello specifico, a manifestare dissenso sono il Collettivo Letizia, il WWF, l’associazione No Serradifalko e il Meetup San Cataldo 5 Stelle, che stigmatizzano la scelta del governo Musumeci non solo sotto il profilo ambientale ma anche produttivo.
Il caso più emblematico, in tal senso, è rappresentato dal Comune di Milena dove è molto sviluppato il fenomeno della subsidenza sociale: il territorio si è progressivamente svuotato, infatti, sotto il profilo demografico, registrando un forte ridimensionamento della popolazione residente.
Secondo cittadini e associazioni, “invece di dare la spinta economica attraverso la messa in produzione di un impianto minerario esistente, già pronto ma che non ha mai tirato fuori un solo kg di kainite, si pensa di ridurlo a un improduttivo deposito di amianto”.
Anche Legambiente stigmatizza l’operato della massima autorità siciliana in materia di ambiente, l’assessore regionale al Territorio Toto Cordaro.
“Il Piano regionale dell’Amianto – si legge in una nota dell’associazione ambientalista – partorito a quasi trent’ anni dalla messa al bando del materiale e dopo oltre sei anni dalla legge regionale 10 del 2014, continua a mancare di concretezza e praticità per raggiungere gli obiettivi prefissati”.
A peggiorare le cose, secondo Legambiente, “la scelta incomprensibile dei siti proposti per la creazione dei luoghi di stoccaggio definitvo dei manifatti che contengono cemento amianto”.
Per il governatore Nello Musumeci, invece, si tratta di una risposta salvifica per i Comuni siciliani in affanno per via dell’enorme quantità di amianto presente nei territori.
“Il Piano – sostiene il presidente – permetterà l’intensificazione della lotta contro lo smaltimento irregolare e la bonifica di molte aree della Sicilia”.
Tra i punti più qualificanti, secondo Musumeci, l’obbligo, per gli Enti locali, di varare un proprio Piano con la possibilità di avvalersi del lavoro svolto dalla Regione che mapperà – anche attraverso foto satellitari – la presenza di eventuali manufatti in amianto anche per evitarne la rimozione, laddove arbitraria, evitando così rischi per la salute e multe salate.