Stupro di gruppo a Palermo, processo rinviato per incompatibilità del giudice

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A Palermo rinviato al 24 maggio il processo con rito ordinario a carico dei sei ragazzi accusati dello stupro di gruppo ai danni di una 19enne avvenuto al Foro Italico lo scorso luglio del 2023. Il motivo del rinvio è legato all’incompatibilità di uno dei giudici del collegio. Gli imputati sono Angelo Flores, Cristian Barone, Gabriele Di Trapani, Christian Maronia, Samuele La Grassa, Elio Arnao.

Tutti hanno rinunciato all’abbreviato dopo il rifiuto del gup ad alcune richieste a cui avevano condizionato la scelta del rito alternativo. La vittima, che ora vive in una comunità protetta e sentita dal giudice nel corso di un incidente probatorio alcuni mesi fa, non dovrà tornare sul banco dei testi.

Gli avvocati degli imputati

Al teste i legali avrebbero voluto fare domande anche su un messaggio ricevuto dalla ragazza alle 2 di notte di quella sera, in cui si legge “non si può più”, frase che secondo le difese indicherebbe la disdetta di un precedente appuntamento, e di una chiamata fatta poco prima. “Se la vittima era stata fatta ubriacare come ritiene l’accusa e costretta a seguire il gruppo, perché avrebbe scritto un messaggio di quel tenore invece di chiedere aiuto?” si domandano gli avvocati.

La difesa

“A parte il fatto che era intontita, drogata e ubriaca e potrebbe non ricordarsi nulla, durante la violenza il cellulare le è caduto più volte e sarebbe stato Angelo Flores a tenerlo e rispondere”, spiega il legale della 19enne. “Comunque la strategia della difesa è chiara: screditare la vittima come abbiamo visto in tantissimi processi. Si sta cercando di mettere in pratica la vittimizzazione secondaria in modo da fare cedere i nervi, fare entrare in contraddizioni la mia assistita”.

Stupro di gruppo a Palermo, il primo condannato

Per lo stupro di luglio è stato già condannato a 8 anni e 8 mesi, con rito abbreviato, il settimo ragazzo coinvolto nello stupro che, all’epoca dei fatti, non aveva ancora compiuto 18 anni. Il magistrato, poco dopo l’arresto, l’aveva affidato a una comunità ma qualche giorno dopo aver lasciato la cella, il ragazzo ha iniziato a pubblicare sui social post in cui si vantava degli abusi commessi.