Subito Aulin o Aspirina per curare a casa il Covid: lo spiega uno studio

Con il nuovo protocollo stilato all’Istituto Mario Negri è possibile curare a casa i positivi covid e scongiurare l’intasamento delle corsie di ospedale

Secondo un nuovo studio dell’Istituto Mario Negri, è possibile prevenire le degenerazioni della sindrome infiammatoria del Covid. Ovvero quella fase che, nella maggior parte dei casi, conduce all’ospedale. Assumere Aulin o Aspirina sin dai primi sintomi del Covid, quindi nei primi giorni dal contagio. Questa potrebbe essere una possibilità per curare il virus a casa. Naturalmente con il monitoraggio del proprio medico di base. Come riporta il Corriere.it, sono diverse le novità apportate nel protocollo, stilato dall’Istituto Mario Negri per il trattamento a domicilio dei pazienti Covid rispetto alle raccomandazioni dell’Istituto Superiore di Sanità. La direttiva più importante è quella che raccomanda di iniziare la terapia al sorgere dei primi sintomi, con o senza l’esito del tampone.

NON TACHIPITINA MA ASPIRINA

La raccomandazione di non aspettare il risultato del tampone serve per prevenire la moltiplicazione del virus, Infatti la diffusione nell’organismo si ha proprio nei primi 7-10 giorni. Quindi niente più tachipirina, sostituita dall’Aspirina e qualora siano presenti dei dolori è possibile assumere l’Aulin. Di fatto, in questo nuovo approccio alla terapia domiciliare, sono sdoganati i farmaci antinfiammatori, utilizzati immediatamente. Via libera anche al cortisone nei casi più seri che durante la prima ondata sembrava quasi proibito.

SPERIMENTATO SU 500 PAZIENTI

Questo nuovo metodo è stato preso in considerazione e portato avanti, per la prima volta, da circa trenta medici di famiglia. Hanno avuto la possibilità di sperimentarlo su una platea di 500 pazienti. Questo numero di casi ha convinto a portare avanti uno studio in maniera più approfondita, che oggi è in fase di pubblicazione. Se ne è occupato Fredy Suter, primario per dodici anni al reparto di Malattie Infettive al Papa Giovanni XXIII di Bergamo, e altri specialisti e ricercatori. L’analisi di questa importante ricerca è coordinata dall’Istituto di ricerca diretto da Giuseppe Remuzzi. Nello studio sono stati messi a confronto gli esiti clinici di 90 pazienti positivi al Covid curati con il nuovo protocollo sperimentale con quelli di altri 90 pazienti Covid trattati nella maniera utilizzata fino ad oggi. Ovviamente i 180 positivi appartenevano alla stessa fascia ad’età.

L’IMPORTANZA DEI MEDICI DI FAMIGLIA

Comunque deve essere chiaro che non deve essere una cura “fai da te”. in questa nuova terapia un ruolo di fondamentale importanza lo hanno i medici di famiglia che devono seguire questi pazienti. Appurato che ciò che conduce all’ospedale è la sindrome infiammatoria, bisogna fare in modo di prevenirla. Questo equivarrebbe a ridurre i ricoveri in maniera tale da non riempire i posti letto e scongiurare chiusure e allarmi. Lo studio su richiesta dell’Aifa, l’agenzia nazionale del farmaco, ha carattere retrospettivo, vale a dire che i dati raccolti non cominciano una nuova sperimentazione. Questo perché già precedentemente erano uscite delle linee guida del ministero che spiegavano come poter curare a casa i positivi e di conseguenza non sono ammessi studi comparativi.