È arrivato l’ok dalla Commissione contenziosa del Senato per l’annullamento della delibera del Consiglio di presidenza che, il 16 ottobre 2018 scorso, aveva deciso il taglio dei vitalizi. L’organismo, atto a vigiliare ed esaminare i ricorsi messi sul tavolo dai senatori, ha registrato tre voti a favore e due contrari. I due pareri negativi sarebbero arrivati da due pedine della Lega: Simone Pillon e Alessandra Riccardi, ex militanti del Movimento Cinque Stelle passati da poco tempo nel partito del “Carroccio“.
Si legge dal documento che la commissione “accoglie parzialmente i ricorsi esaminati e per l’effetto annulla le disposizioni della deliberazione del Consiglio di presidenza del Senato della Repubblica numero 6 del 16 ottobre 2018 nella parte in cui prevedono una totale rimozione dei provvedimenti di liquidazione a suo tempo legittimamente adottati e impongono una nuova liquidazione che introduce criteri totalmente diversi”. È stata annullata anche la parte di delibera che prevedeva “il ricalcolo del’ammontare degli importi mediante la moltiplicazione del montante contributivo individuale per il coefficiente relativo all’età anagrafica del senatore alla data della decorrenza dell’assegno vitalizio o del trattamento previdenziale pro rata, anzichè alla data dell’entrata in vigore” del taglio dei vitalizi.
Addio anche alle parti di delibera che prevedevano “i coefficienti di trasformazione che determinano sensibili riduzioni, con incidenza sulla qualità della vita, degli importi di minore entità, senza alcun effetto su quelli di importo massimo ed i criteri di correzione di temperamento dei risultati del citato ricalcolo e, comunque, non idonei a eliminare le conseguenze più gravi derivanti dall’applicazione del metodo adottato, come ha già ritenuto con sentenza del 22 aprile del 2020 il Consiglio giurisdizionale della Camera che ha annullato il comma 7 della deliberazione del Consiglio di presidenza della Camera applicando gli stessi criteri anche ai trattamenti di reversibilità, non tengono conto del fatto che tali trattamenti sono già stati decurtati rispetto agli assegni diretti del 40% e che l’ulteriore riduzione prevista incide gravemente sulla qualità della vita”.