L’Italia ha un tasso di mortalità per coronavirus fra i più alti del mondo, e fra i primi in Europa. Ed è sesta per numero assoluto di vittime, con il solo Regno Unito, tra i paesi vicini, a contarne di più. I 993 decessi d’ieri hanno confermato, se occorreva, questa tendenza, hanno destato tanta preoccupazione, e in tanti si chiedono perché in Italia ci sono così tanti morti. Secondo Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igm), le cause sono da ricercare soprattutto nella struttura anagrafica e sociale del Paese. «Abbiamo un’età media elevata ─ ricorda ─, tra le più alte d’Europa. Ma non solo. I nostri anziani non sono molto sani, sono tante le patologie croniche che colpiscono la popolazione, normalmente gestite senza grandi problemi. Diabete, ipertensione, obesità, malattie cardiovascolari. Ma sappiamo che queste malattie, associate al Covid, possono aggravare il quadro clinico, fino purtroppo al decesso». Per anni abbiamo sottolineare con giusto orgoglio, che gli italiani vivono mediamente di più, è il coronavirus a ricordarci l’altra faccia della medaglia: si vive di più, ma male.
«In Italia c’è’ una popolazione anziana e fragile – conferma Maga – e questa sicuramente è la spiegazione più rilevante. Durante la prima ondata si attribuiva l’altissimo tasso di letalità alle difficoltà nell’assistenza. Se poteva essere vero a marzo lo è meno adesso. Pur con tutte le difficoltà la situazione del sistema nel suo insieme è diversa». Secondo il genetista del Cnr, c’è comunque un’altra variabile da considerare, ed è la struttura sociale. «Gli anziani da noi sono molto più coinvolti ─ afferma ─, stanno di più in famiglia, suppliscono alle carenze del welfare occupandosi dei nipoti. Questo chiaramente alza il livello di rischio. Senza contare poi le criticità emerse nelle Rsa, che erano palesemente impreparate, non tanto per mancanza di strumentazioni o personale ma proprio a livello culturale».
C’è poi un’altra tesi, che comunque serpeggia già dalla prima ondata. «Tesi non infondata ─ sottolinea Maga ─. «È possibile che la classificazione dei decessi non sia omogenea nei vari Paesi. Come si stabilisce la causa prima di morte? Se una persona positiva muore di infarto come si decide se è morto di infarto o di Covid? Mi pare non ci sia perfetta omogeneità su questo». Ma in ogni caso, ribadisce l’esperto, «probabilmente è proprio la struttura demografica che esiste in Italia la causa prima. Lo sappiamo perché se scorporiamo i dati della letalità per fasce di età e li ‘normalizziamo’ per tutti i Paesi, cioè come se tutti avessero la stessa percentuale di popolazione anziana, vedremmo tassi di letalità simili».
Queste tesi sono condivise anche da Graziano Onder, geriatra del Gemelli e responsabile del rapporto sulla mortalità da coronavirus dell’Iss. Anche lui dice che in Italia si vive a lungo, e che molti anziani hanno patologie di vario tipo che peggiorano la prognosi in caso di contagio dal virus Sars-CoV-2. «In Italia ─ afferma Onder ─ il 90% dei morti sono per e non con Covid. Persone anziane e con più patologie uccise comunque dal virus. Occorre essere consapevoli della tragedia attuale per responsabilizzarci e osservare le regole». Anche per lui può esistere una questione di classificazione dei decessi, che non può essere ignorata: «Da noi ─ dice il medico ─, tutti coloro che muoiono e risultano positivi al tampone vengono classificati come decessi per Covid, mentre in altri Paesi non è così ».