“Sto perfettamente. Non ho sentito nemmeno il dolore della puntura, non si è nemmeno arrossata la parte. Ho sentito i miei colleghi che l’hanno fatto ieri, nemmeno loro hanno segnalato alcunché”.
Il dottor Giovanni Pavone, 55 anni, è dirigente medico del servizio di Nefrologia pediatrica all’Ospedale dei bambini di Palermo; è uno dei duecento sanitari siciliani ai quali oggi è stato inoculato il vaccino anti-covid, uno dei protagonisti di un momento definito storico, che tantissimi aspettano con speranza, per debellare la pandemia, ma che verso il quale, va detto, non pochi sono diffidenti o hanno qualche preoccupazione per conseguenze indesiderate.
Dieci minuti ed è finito tutto, racconta il dottor Pavone che poi ha ripreso il suo lavoro nelle corsie del De Cristina. “L’ho fatto oggi a mezzogiorno, e ho continuato a lavorare. Ho già l’appuntamento tra ventuno giorni per la seconda dose. Dopo di che dopo una settimana, dieci giorni si sarà protetti al 95%, quindi un’ottima protezione”.
L’appuntamento del V-day, il “giorno uno” della rivincita contro il covid è stato raccontato con dovizia di particolare e toni trionfalistici che hanno fatto storcere il naso. Tutto quanto fa spettacolo, ma mai come in questo caso è importante convincere i cittadini dell’importanza di vaccinarsi. Giornali e tv raccontano con quanta emozione si vive il momento della “punturina”.
“Io ero tranquillo, sapendo in primo luogo che era mio dovere farlo in quanto medico, per proteggere gli altri. E in secondo luogo, avendo io delle patologie, avevo un mio vantaggio nel farlo. Oltretutto è un servizio offerto gratuitamente, per lo Stato è un grossissimo carico economico. È l’unico modo per superare questa crisi perché non c’è una terapia specifica che abbia garanzia di successo e non c’è possibilità di uscire dalla pandemia se non si interrompe l’infezione. Si è visto che anche molte persone che sono state contagiate hanno ripresentato l’infezione. L’unica soluzione attualmente è la vaccinazione per bloccare l’infezione, sia per noi che per i più deboli. Oltretutto, fermare l’infezione significa ridurre notevolmente la possibilità di ulteriori mutazioni del virus. Se muta in una forma più aggressiva avremo più contagi e più vittime”.
Ma come si svolgono, nello specifico le operazioni? “Per procedura, si fa prima un’attenta anamnesi del soggetto da vaccinare; nella prima fase non saranno vaccinati quelli che hanno avuto gravi reazioni allergiche a farmaci, perché una reazione allergica ci può essere. Non ci sono ulteriori controindicazioni, a meno che non si siano fatte precedentemente terapie immuno-soppressive. Perché questo renderebbe inutile il vaccino perché non permetterebbe al tuo organismo di recepire questo stimolo in maniera adeguata”.
“È preferibile, inoltre, non vaccinare le donne in gravidanza, perché il vaccino non è stato testato sulle future mamme, anche se non dovrebbero esserci particolari effetti. E per lo stesso motivo, almeno inizialmente, non sarà fatto neanche sui bambini. Quindi, si firma il consenso informato, viene spiegato quello che sarà fatto, si fa il vaccino, il soggetto sarà tenuto in osservazione per un quarto d’ora e poi può andare a casa. Materialmente occorrono dieci minuti per una vaccinazione, la gran parte per riempire il modulo. L’iniezione dura una ventina di secondi. Né io né le altre persone che lo hanno fatto oggi, un altro medico, due infermieri e una oss, abbiamo avuto fastidi. Eravamo motivati, come dovrebbero esserlo tutti per la possibilità che ci viene offerta, qualcuno era emozionato”.
“Ci sono tanti tipi di vaccini; questo è di un nuovo tipo, ad Rna messaggero. Non iniettano un virus, seppur in forma attenuata, che teoricamente potrebbe causare una lieve reazione virale; con questo iniettano una sostanza che fa produrre un anticorpo verso una proteina che si chiama Spike che è quella che consente al virus di aderire all’organismo. Quindi non c’è alcun rischio di ammalarsi. Questo consente di proteggere dal ceppo del virus, compreso dalla variante inglese perché sembrerebbe più contagioso ma dal punto clinico è lo stesso. Si fa come tutti gli altri vaccini che abbiamo fatto, e ha gli stessi tipi di possibili reazioni, anzi di meno perché non c’è alcuna particella proteica particolare, ma c’è questo piccolo frammento di Rna, che noi produciamo naturalmente e che per di più viene degradato a pochi giorni dalla sua somministrazione, non rimane nell’organismo”.
“Le reazioni, quindi dovrebbero essere difficili. Se consideriamo che il paracetamolo che tutti prendiamo regolarmente, hanno potenzialmente effetti indesiderato maggiori di quelli che possono esserci col vaccino. La gente è immotivatamente preoccupata, anche a causa di certe campagne no vax che circolano sui social. La cosa grave è che ci sono anche medici che alimentano certi dubbi. Di fatto, finora non ci sono state reazioni al vaccino, se non in un paio di casi in Inghilterra su soggetti già allergici che non avrebbero dovuto essere vaccinati, e già sono state vaccinate migliaia di persone negli Stati Uniti, in Inghilterra e ora anche in Europa”.