Dall’operazione della notte dei Carabinieri Crystal Tower che ha portato a 11 misure cautelari con 10 arresti (9 in carcere e 1 ai domiciliari) è emerso anche il rapporto tra la mafia palermitana e quella americana.
Gli indagati sono ritenuti a vario titolo responsabili di associazione di tipo mafioso, detenzione di stupefacenti, favoreggiamento personale e tentata estorsione con l’aggravante del metodo mafioso.
L’indagine ha permesso di approfondire la struttura e le attività criminali di una storica articolazione di cosa nostra palermitana. A Torretta la mafia controllava l’economia locale e anche l’amministrazione comunale, ad oggi commissariata da due anni.
Alla fine del mese di settembre del 2018 missione a Palermo di un emissario di cosa nostra americano, accolto dai vertici della famiglia mafiosa di Torretta. La permanenza dell’uomo nell’area torrettese veniva garantita, tra gli altri, dai fratelli Puglisi; prima lo hanno prelevato in aeroporto poi lo hanno accompagnato per il soggiorno in una lussuosa villa con piscina di Mondello. Qui veniva fatto dono di alcuni grammi di cocaina in segno di benvenuto. Nel periodo trascorso sull’isola, l’emissario ha partecipato a una riunione con Di Maggio Raffaele, avvenuta il 03.10.2018 presso l’abitazione di quest’ultimo a Torretta. Poi successivamente un secondo incontro riservato è avvenuto nella zona di Baucina;
All’indomani dell’omicidio del mafioso americano Frank Calì detto “Franky Boy”, avvenuto a Staten Island (New York) il 13 marzo 2019 è scattata l’immediata attivazione della consorteria. Nei giorni successivi, si registrava la partenza per gli Stati Uniti del figlio di uno degli indagati; durante la sua permanenza a New York ha avuto dei confronti anche con elementi ritenuti appartenere alla locale organizzazione mafiosa, fra cui proprio l’emissario monitorato nel torrettese nel settembre 2018. Rientrato dal viaggio, il giovane riferiva il clima di profonda tensione creatosi sulla sponda americana. Contestualmente, a Torretta si registravano i commenti “di prima mano” di alcuni degli indagati che conoscevano personalmente Frank Calì. In un primo momento, avevano temuto che l’episodio potesse ingenerare una pericolosa escalation di violenze nella quale rischiavano di rimanere direttamente coinvolti anche altri soggetti a lui vicini, attivi nel contesto mafioso americano;
I fratelli Puglisi non volevano allinearsi alla fazione mafiosa in auge e per tale motivo hanno subito il danneggiamento di un loro automezzo. I fratelli, inoltre, per una disputa con un altro compaesano nata da motivi legati ai confini delle rispettive tenute agricole di Piano dell’Occhio si sono rivolti a Raffaele Di Maggio; mentre l’altro protagonista della vicenda si faceva forte della protezione di Giovanni Angelo Mannino.
Dall’approfondimento delle indagini sono emersi diversi tentativi, da parte del sodalizio, di esigere somme di denaro e utilità da parte di alcune vittime. Il tutto avveniva avvalendosi della forza d’intimidazione. Tra gli episodi è emerso un tentativo di estorsione seguito da diversi atti intimidatori: piccoli furti e danneggiamenti ai danni di un imprenditore agricolo palermitano. Quest’ultimo si era inserito nella zona torrettese e subito avvicinato dalla consorteria che immediatamente ha mostrato la propria collaborazione, denunciando le pressioni subite.
In definitiva, le investigazioni restituiscono una rinnovata vitalità della famiglia mafiosa di Torretta. Forte dei suoi legami con gli affiliati americani e della ritrovata autorevolezza dei vertici del mandamento, il clan puntava a ritornare ai fasti del passato. Voleva nuovamente ergersi a testa di ponte fra le due anime di cosa nostra, quella siciliana e quella americana. Entrambe da sempre costituenti due facce di una stessa medaglia.