Trattativa Stato-Mafia, Ingroia: «Sentenza contraddittoria e pericolosa» – VIDEO
Secondo Antonio Ingroia, ex pubblico ministero, «questa sentenza assolutoria manda un segnale ai cittadini: si può minacciare lo Stato»
La Corte di Cassazione ha confermato l’assoluzione per il generale dei carabinieri Mario Mori, il generale Antonio Subranni, l’ufficiale Giuseppe De Donno e l’ex parlamentare di Forza Italia Marcello Dell’Utri. Antonio Ingroia, ex pubblico ministero e oggi politico, commenta gli ultimi sviluppi dell’inchiesta giudiziaria sulla presunta trattativa Stato-mafia. Secondo lui è una sentenza che non fa giustizia. «La trattativa Stato-mafia si chiude con una sentenza dal sapore decisamente amaro ─ afferma ─. Secondo me, perfino simbolicamente pericoloso». Ed aggiunge: «Questa sentenza assolutoria manda un segnale ai cittadini: si può minacciare lo Stato, si possono intavolare trattative con la mafia e nessuno ne risponderà penalmente. Non un bel segnale».
L’ex pm Ingroia spiega così il suo punto di vista: «Sostanzialmente si riconosce che vi fu una minaccia nei confronti dello Stato, anche se ora in Cassazione si parla di una tentata minaccia. Quindi deve esserci stato quel principio di trattativa che ha dato luogo a tutto ciò. Eppure, tutti vengono prosciolti in un modo o nell’altro».
Secondo Ingroia non è stata fatta giustizia
Secondo Ingroia la sentenza implica che il fatto c’è, ed è stato commesso da qualcuno. «A me sembra una decisione contraddittoria. I mafiosi vengono dichiarati non assolti, ma prosciolti per prescrizione del reato. E se questo fatto non l’hanno commesso gli uomini dello Stato, allora chi lo ha commesso? Chi è l’ambasciatore di questa minaccia che ha dato luogo alla trattativa?», si chiede l’ex pubblico ministero. Se davvero non ci fosse stata nessuna trattativa, aggiunge Ingroia, gli imputati sarebbero stati assolti con una formula diversa, «perché il fatto non sussiste». Con la sentenza di oggi, invece, «lo Stato Italiano ammette di non potere e non riuscire a processare se stesso per le sue responsabilità». Infine conclude con un po’ di amarezza: «Leggeremo le motivazioni, ma non credo che con questa sentenza si sia fatta davvero giustizia».
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