Tre calciatori assolti dall’accusa di stupro di gruppo, “Lei puntava ai 150 mila euro di risarcimento”

Il presunto stupro di gruppo sarebbe avvenuto durante una festa di Ferragosto del 2020. Per il giudice “il fatto non sussiste”

Tre calciatori, che all’epoca dei fatti erano compagni di squadra in Serie D con la Virtus Verona, sono stati assolti da un’accusa di stupro di gruppo. I tre atleti, Guido Santiago Visentin, Federico De Min e Matteo Verdicchio dopo la denuncia vennero messi sul mercato. Il pubblico ministero Roberta Gallego del tribunale di Belluno aveva chiesto per tutti e tre otto anni di carcere. Secondo l’accusa, come spiegato da Il Messaggero, i calciatori avrebbero approfittato di una ragazza il 15 agosto del 2020 durante una festa di Ferragosto in una villa nella frazione bellunese di Visome. Il giudice, però, li ha assolti “perché il fatto non sussiste”.

La richiesta di risarcimento

La ragazza aveva presentato una denuncia e una richiesta di risarcimento danni di 150 mila euro. Aveva raccontato che a Ferragosto del 2020, durante una festa in una villa di Visome, frazione di Belluno. alla quale avevano partecipato sia lei che gli imputati, mentre era sdraiata sul letto per un malessere era stata raggiunta dai tre giovani che l’avevano stuprata. Aveva ammesso che in precedenza aveva avuto rapporti intimi consenzienti con due dei tre calciatori. Quel pomeriggio, l’avrebbero presa, invece, “contro la sua volontà”. Ha precisato che mentre il rapporto continuava, i tre imputati “si davano il cambio”.

La difesa dei ragazzi ha parlato invece di rapporti consenzienti ed il proprietario della villa ha testimoniato in  favore dei calciatori. Lei si era scattata dei selfie al pronto soccorso,  ma la sua maglietta non aveva tracce biologiche. E i lividi che aveva denunciato non erano stati notati dai sanitari al primo accesso in ospedale, ma solo a distanza di 16 ore dai presunti abusi.

Nelle cartelle cliniche non c’era traccia del racconto fatto alle amiche

La ragazza alle amiche aveva raccontato che vomitava e aveva avuto una crisi di panico tanto che i sanitari avrebbero dovuto darle dei calmanti. “Ma di tutto questo non c’è traccia nelle cartelle cliniche”, hanno fatto notare i difensori degli imputati. Inoltre, “in moltissime intercettazioni parla dei danni morali, è molto interessata all’aspetto economico”. La presunta vittima non è stata ritenuta sufficientemente credibile dai giudici del tribunale di Belluno, che hanno valutato contraddittorie e insufficienti le prove fornite dalla parte offesa. La richiesta di condanna dell’accusa era di otto anni e di un risarcimento di 150mila euro. Fra novanta giorni verranno pubblicate le motivazioni della sentenza.

Immagine di repertorio

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