Tumore al Pancreas, ecco come riconoscere la malattia che ha colpito Gianluca Vialli

tumore al pancreas

Gianluca Vialli ci ha lasciati lo scorso 6 gennaio 2023 a causa di un tumore al pancreas che a distanza di qualche anno non gli ha lasciato scampo.

Ma non solo Gianluca Vialli: Dino Buzzati, David Bowie, Steve Jobs, Luciano Pavarotti, sono tutti nomi di personaggi noti morti proprio a causa di questa terribile malattia.

Il tumore al pancreas colpisce circa 14mila pazienti l’anno, con una sopravvivenza a 5 anni del solo 8%.

Chi è più a rischio?

Le persone comprese tra i 50 e gli 80 anni, si trovano nella fascia più a rischio.

Un fattore che incide parecchio in questa tipologia di tumore è il fumo. I fumatori hanno un rischio triplicato rispetto a chi non fuma.

Come riconoscere il tumore al pancreas?

Occorre, innanzitutto, sottolineare che il 70% dei tumori del pancreas si sviluppa nella testa dell’organo e prende il nome di “adenocarcinoma duttale del pancreas”.

Questo tipo di tumore non si manifesta con sintomi immediatamente riconoscibili, ma spesso i primi disturbi, dati da tale malattia, vengono scambiati per altro. Quando l’adenocarcinoma è già in fase avanzata si iniziano a manifestare dei sintomi più chiari:

  • Perdita di peso
  • Ittero
  • Perdita di appetito
  • Debolezza, nausea, vomito
  • Diabete (nel 15% dei casi)

La diagnosi

Ma qual è il modo più efficiente per accertarsi della presenza del tumore al pancreas?

Uno degli esami che permette di rilevale il tumore al 100% è la tomografia computerizzata. Molto importante risulta anche l’endoscopia dello stomaco e del duodeno.

Un campanello d’allarme inoltre può essere l’innalzamento della proteina CA-19-9. Se riscontrate negli esami del sangue un valore anomalo di questa proteina è bene effettuare ulteriori controlli.

Tumore al pancreas, come si cura?

Non sempre chi è affetto dall’adenocarcinoma può essere sottoposto a un’operazione. Solo il 20% dei malati identifica il tumore in una fase ancora non avanzata e quindi riesce a sottoporsi all’asportazione chirurgica, che non è esente da rischi.

Si tratta di un intervento molto delicato, con un tasso di mortalità che può arrivare fino al 10%.

Dopo l’intervento potrebbe essere necessario intervenire con la chemioterapia, unica arma anche per chi non è operabile, e la radioterapia, solo per chi è stato sottoposto all’operazione chirurgica.

Fonte foto: Avvenire.it