Tumore per uso prolungato del cellulare: risarcito con una rendita a vita

La Corte d’Appello ha respinto il ricorso dell’Inail. Nella sentenza è scritto: «Esiste un’elevata probabilità che a causare il tumore sia stato il cellulare».

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Una sentenza della Corte d’Appello di Torino ha confermato la condanna nei confronti dell’Inail a pagare la rendita di malattia professionale a un 63enne, che ora in pensione. L’uomo ha usato il telefonino per motivi di lavoro per più di diecimila ore. Nella sentenza è scritto: «Esiste un’elevata probabilità che a causare il tumore sia stato il cellulare». Una decisione che già era stata presa già presa dal Tribunale di Aosta, e che la Corte ha ribadito in difesa del tecnico specializzato delle Cogne Acciai Speciali, che tra tra il 1995 e il 2008 ha utilizzato il suo telefono cellulare con una media di 2 ore e mezza al giorno. Secondo l’accusa è stato un uso che ha causato «un tumore benigno intracranico e una conseguente sordità sinistra, paresi del nervo facciale, disturbo dell’equilibrio e sindrome depressiva».

Rendita di 400 euro al mese

Nel 2020 il Tribunale di Aosta aveva già riconosciuto il nesso causale tra l’utilizzo del cellulare e l’insorgenza del neurinoma del nervo acustico, ma l’Inail aveva fatto ricorso in appello chiedendo una nuova consulenza. Dopo avere nominato un nuovo consulente, il professor Roberto Albera, ordinario di Otorinolaringoiatra dell’Università di Torino, la Corte ha respinto il ricorso dell’Inail. Ha confermato quindi l’esistenza del nesso causale tra l’utilizzo del cellulare e la malattia del 63enne. Il consulente ha spiegato: «Appare ben evidente che al momento l’eziologia del neurinoma dell’acustico non è conosciuta, ma che tra i fattori concasuali vi sia l’esposizione a radiofrequenze se la dose espositiva è stata di sufficiente entità». Soddisfatti i difensori dell’uomo, che ha ottenuto una rendita mensile di circa 400 euro. Gli avvocati hanno sottolineato il parere fondamentale della scienza nella decisione del Tribunale prima e della Corte poi: «Si tratta di una sentenza importante scritta da scienziati fra scienziati» ─ hanno spiegato Stefano Bertone, Chiara Ghibaudo e Jacopo Giunta dello Studio Ambrosio & Commodo ─ «in cui il ruolo dei giuristi è stato marginale, e che dimostra che le radiofrequenze possono causare un tumore».