A Paese, una località del Trevigiano, il 50enne Massimo Pestrin, guardia giurata da quindici giorni, ha esploso dieci colpi di pistola contro il fratello Lino Pestrin, 62enne e la moglie, Rosanna Trento, 57 anni. I due si trovavano al piano terra di una masseria, ed erano seduti al tavolo di cucina. L’omicida ha colpito il fratello alle spalle, mentre ha sparato alla cognata all’altezza del busto. Poi ha chiamato i carabinieri: «Venite a prendermi, ho ucciso mio fratello e mia cognata», e si è fatto trovare dalle forze dell’ordine all’esterno del cascinale dove è avvenuto il duplice delitto.
La pistola d’ordinanza che aveva usato pochi minuti prima per uccidere, una Glock 17, era appoggiata al tavolino esterno alla grande casa, nel porticato sull’aia. Quando i carabinieri sono arrivati, hanno trovato il gas della cucina economica ancora acceso, con la pentola della pastasciutta sul fuoco e i corpi dei due coniugi, lui riverso sul tavolo e lei a terra, in un lago di sangue.
L’omicida, Massimo Pestrin, separato, con due figli grandi, era tornato a vivere nella grande casa colonica dove era cresciuto, insieme ad altri cinque tra fratelli e sorelle. A mandare avanti l’azienda agricola, ci pensavano i fratelli Lino e Giancarlo con le rispettive mogli. Fra il 50enne e il fratello morto c’erano dissidi di natura economica, ma anche un odio profondo, con tensioni, ripicche e rivalse. Massimo, l’autore del delitto, si considerava ingiustamente danneggiato dal comportamento di Lino e Rosanna, i parenti uccisi. Per questo gli inquirenti, dopo una prima ricostruzione pensano che l’omicidio sia stato premeditato.
Infatti l’omicida è entrato in casa e ha aperto il fuoco, senza parlare, senza cercare spiegazioni e senza pretendere scuse. Ha sparato con la volontà di uccidere. Senza dare il tempo alle due vittime di rendersi conto di quanto stava succedendo, sorprendendoli mentre stavano pranzando in cucina.