Uccise la moglie, condannato a 8 anni: «Era lei che me lo chiedeva ogni giorno»

«Mia moglie quasi ogni giorno mi implorava di aiutarla a morire, di farla smettere di soffrire. Io prendevo tempo, le dicevo che doveva esserci un altro modo»

Mauro Bergonzoni, un pensionato di 78 anni di Castelletto, in provincia di Bologna, ha raccontato ai giudici della Corte d’Assise: «Mia moglie soffriva come un cane, abbiamo deciso insieme di farla finita». La figlia della coppia ha confermato la versione del padre ed ha raccontato ai magistrati il calvario patito dalla madre, ed ha deciso di non costituirsi parte civile. Il pubblico ministero si è detto d’accordo con linea della difesa e ha derubricato l’accusa da omicidio pluriaggravato in «omicidio del consenziente», reato che prevede una pena da cinque a 15 anni. La procura ha chiesto una condanna a cinque anni con le attenuanti del caso e, dopo una breve camera di consiglio, la Corte ha ritenuto corretta l’interpretazione di pm e difesa, ma ha condannato l’imputato a otto anni di reclusione.

Uccise la moglie e si sparò

I fatti risalgono al 21 agosto 2021 quando l’uomo e sua moglie, Maria Rosaria Elmi di 74 anni, dopo aver lasciato un biglietto sul tavolo della cucina di casa indirizzato alla figlia, si recarono sul greto di un torrente in secca vicino a Mercatale di Castello di Serravalle, nel Bolognese. Qui  lui freddò la donna con un colpo di fucile. Alcuni agricoltori accorsi dopo che avevano udito gli spari, trovarono, oltre la donna morta, Bergonzoni ferito gravemente da due colpi di fucile che si era sparato al petto.  Era in stato confusionale e abbracciato al cadavere della moglie. L’uomo in istruttoria ha poi raccontato: «Mia moglie era molto depressa, quasi ogni giorno mi implorava di aiutarla a morire, di farla smettere di soffrire. Io prendevo tempo, le dicevo che doveva esserci un altro modo. Ma stava troppo male, aveva il cancro».

Difficilmente finirà in carcere

Bergonzoni attualmente si trova in una casa di cura e difficilmente finirà in carcere. Aveva raccontato i suoi tormenti a diverse persone, anche alla figlia. Tutti  lo hanno aiutato per quanto possibile. «L’accompagnavo per le cure. Una Via Crucis – aveva detto Bergonzoni agli inquirenti -. L’avrei continuato a fare se Maria Rosaria ne avesse tratto sollievo, invece le sofferenze erano sempre maggiori. Il dolore era più forte e il morale era a terra. Mi ha implorato in più di un’occasione, poi tutti i giorni. Io non potevo vederla così, per lei la morte sarebbe stata una liberazione. Per me un dolore insopportabile, per questo volevo uccidermi e non riesco a perdonarmi di non esserci riuscito. Quel giorno mi sono deciso, ero moralmente distrutto. Ho preso il mio fucile da caccia e sono uscito con Maria Rosaria. Lei continuava a ringraziarmi, era sorridente come non la vedevo da mesi».