Ultima chiamata per i concorsi pubblici, non rispettare questa regola potrebbe costarti la carriera: stop a tutti i rinvii
Per smaltire definitivamente le graduatorie dei vincitori di concorso in attesa di una chiamata arriva una nuova norma
Recenti modifiche normative hanno introdotto limiti e regole stringenti in materia di scorrimento delle graduatorie per il pubblico impiego. La cosiddetta “norma taglia idonei” (DL n. 44/2023) impone un limite numerico, restringendo il numero di idonei convocabili a un massimo del 20% dei posti messi a concorso per enti locali e regioni con oltre 20 assunzioni. Inoltre, il DPR n. 82/2023 prevede che chi rinuncia all’assunzione senza giustificato motivo decade dalla graduatoria, precludendo futuri utilizzi da parte di altre amministrazioni.
La durata delle graduatorie è stata uniformata a due anni dalla data di approvazione, come stabilito dall’art. 35 del D.Lgs. n. 165/2001, salvo disposizioni regionali che possono ridurre ulteriormente il termine. Per gli enti locali, il limite triennale previsto dall’art. 91 del TUEL è stato armonizzato a due anni dalla Corte dei Conti e dal TAR Campania. La validità è cruciale per lo scorrimento, poiché una graduatoria scaduta non può essere utilizzata.
I vincitori di concorso vantano un diritto all’assunzione, ma gli idonei hanno una posizione di sola aspettativa. Tuttavia, se un’amministrazione con graduatorie valide indice un nuovo concorso per lo stesso profilo, gli idonei possono contestare la scelta, chiedendo l’annullamento del bando e il prioritario utilizzo delle graduatorie esistenti. La giurisprudenza riconosce l’obbligo di scorrimento in casi specifici.
Gli enti pubblici possono assumere tramite graduatorie di altri enti, previo accordo. L’assunzione avviene mediante avvisi di manifestazione di interesse o convenzioni dirette. Questi accordi garantiscono una modalità rapida ed economica di reclutamento, ma è essenziale il consenso dell’ente titolare della graduatoria, che può rifiutare l’autorizzazione. In tal caso, il processo di assunzione potrebbe arenarsi.
Procedure di reclutamento nel pubblico impiego: nuove regole e limiti temporali
Il decreto Milleproroghe introduce una svolta importante nel settore del pubblico impiego, stabilendo che le procedure di reclutamento dovranno essere completate entro tre anni, senza possibilità di proroga. A partire dal 2025, il mancato rispetto di questo termine comporterà la perdita della facoltà assunzionale e dei fondi già stanziati per le assunzioni. Tuttavia, per il 2024 è stata concessa un’ultima proroga, permettendo alle Pubbliche Amministrazioni di concludere le selezioni ancora in sospeso.
Questa misura mira a porre fine ai continui rinvii che negli ultimi 11 anni hanno caratterizzato la gestione delle graduatorie. Un’altra novità riguarda l’eliminazione dell’obbligo per i piccoli Comuni di gestire in forma associata le funzioni fondamentali. Tale previsione, introdotta nel 2010 e prorogata per 14 anni consecutivi, è stata parzialmente invalidata dalla Corte costituzionale, che ha giudicato illegittimo il vincolo in assenza di dimostrazioni di risparmi o miglioramenti nei servizi pubblici.
Proroga dello scudo erariale e nuove proposte sulla responsabilità
Il Milleproroghe estende lo scudo erariale fino al 30 aprile 2025. Questa misura, introdotta nel 2020 per incentivare gli investimenti pubblici, limita la responsabilità erariale ai soli casi di dolo, escludendo la colpa grave. Sebbene la Corte costituzionale abbia definito questa norma legittima solo in quanto temporanea, il governo ha deciso di prorogarla nuovamente. Nel frattempo, è in discussione una proposta di legge che prevede un tetto massimo alle sanzioni erariali.
La sanzione dovrà essere pari a due annualità dello stipendio del responsabile, e l’obbligo di stipulare polizze assicurative per dirigenti e funzionari pubblici. Queste polizze, finanziate parzialmente dalle amministrazioni, dovrebbero coprire eventuali danni patrimoniali derivanti da colpa grave, con l’obiettivo di migliorare il recupero dei crediti erariali e ridurre le perdite a carico dei contribuenti. Tuttavia, l’Associazione magistrati della Corte dei conti ha criticato la proroga dello scudo, ritenendola ingiustificata e lesiva per le finanze pubbliche.