Un agente dei Pagliarelli “a disposizione” per un capretto, arance e ricotta

L’assistente capo finito ai domiciliari favoriva i boss. Ha anche rivelato la presenza di microspie. L’agente portava anche le cartoline d’auguri ai parenti carcerati

Nell’operazione “Gordio” che ha smantellato il clan di Partinico c’è un retroscena che riguarda un agente della polizia penitenziaria in servizio al carcere Pagliarelli. È Santi Calandrino, 55 anni, originario di Alcamo, che si sarebbe messo a disposizione dei boss carcerati in cambio di qualche “regalino”. Gli inquirenti, nella loro ricostruzione che ha dato vita all’ordinanza di quasi duemila pagine, hanno ritenuto fondata l’ipotesi che Calandrino sarebbe stato una risorsa per Giuseppe Tola, che poi lo avrebbe messo a disposizione anche della famiglia retta da Francesco Nania, arrestato per mafia nell’operazione “Game over”. Gli investigatori hanno registrato una serie di incontri e di telefonate tra gli indagati che documenterebbero il rapporto tra i tre e la presunta infedeltà del poliziotto della penitenziaria.

REGALINI IN CAMBIO DI PREZIOSE INFORMAZIONI

Dalle intercettazioni e dalle risostruzioni dehli inquirenti viene fuori che Toia e Nania potevano contare sui servizi dell’assistente capo dando in cambio regali “in natura”. Per esempio un capretto per Pasqua, oppure arance di Ribera o ricotta per farcire i cannoli. Ma anche qualche particolare capo d’abbigliamento non facili da reperire. Come il giubbotto di colore nero, taglia M, «tutto a piumino» della squadra di calcio del Partinico per regalarlo al figlio. Calandrino poteva anche godere in un distributore del lavaggio dell’auto giornaliero a prezzo di favore, pagando 120 euro al mese, e sconti sull’acquisto del carburante.

INDICAZIONI SULLA PRFESENZA DI MICROSPIE

Secondo la Procura, l’agente avrebbe fornito a Tola anche indicazioni sulla presenza di microspie, come è scritto nell’ordinanza: “Lo so, non c’entra niente con quelle cose, li misero pure all’interno e all’esterno, queste qua sono, perché devono togliere le guardie delle sentinelle”, diceva Calandrino. E aggiungeva: “Mi è stato detto, sanno tutte cose, no, no, no, hanno messo… hai capito? L’investigativo c’è là… Mi ha detto: ‘Non andare perché sono cazzi…’. Dopo queste rivelazioni sulla presenza di microspie, Tola avrebbe offerto un capretto: “D’altronde tu – diceva a Calandrino – non devi sempre venire per il capretto? O lo porto io, che c’è problema?”.

GLI AUGURI PASQUALI

Tola avrebbe chiesto a Calandrino, poco prima di Pasqua, di consegnare delle cartoline d’auguri al fratello in carcere: “Non ti scordare di dargli queste cartoline” diceva infatti all’agente. L’agente avrebbe manifestato qualche perplessità per via di un collega: “Solo che quello appena vede queste cartoline di qua e dice: ‘Ma che minchia è?'”. Tola gli avrebbe detto come rispondere: “Lo dici a lui e hai chiuso! ‘Pigliati questo!’ e gli dici ‘Buona Pasqua’ e non rompere i coglioni”.

NOTIZIE DEL FIGLIO IN CARCERE

Nell’ordinanza si legge anche che «plurime sono le conversazioni nel corso delle quali Tola richiede la collaborazione di Calandrino per la gestione di problemi legati allo stato di detenzione del figlio Antonio prima e del fratello Vincenzo poi». Il 15 novembre 2017, Tola telefona a Calandrino in seguito all’arresto del figlio Antonio: «Ascolta qua, vedi che se lo stanno portando ora». Poco dopo gli chiede: «È arrivato? Fammelo sapere dov’è, hai capito?». E l’agente facendo intendere che si era dato da fare lo rassicurò: «Non posso entrare, però a posto già». Il giorno dopo Tola reiterava la richiesta: «Domani per chi sai me lo dici dov’è che è?». E lui glielo fece sapere.