Si è svolta ieri pomeriggio, 12 gennaio, presso la “Casa di preghiera per tutti i popoli”, la celebrazione eucaristica nel primo anniversario della morte di Fratel Biagio Conte.
La messa è stata presieduta dall’Arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice. Di seguito, riportiamo i passaggi più significativi della sua omelia.
“Canterò in eterno l’amore del Signore, di generazione in generazione, farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà, perché ho detto: “È un amore edificato per sempre; nel cielo rendi stabile la tua fedeltà” (Sal 88,2).
La vita di Fratel Biagio è dentro queste parole. Il Salmo 88 ci racconta la sua storia, il suo modo di affidarsi a Dio, la sua costanza nell’umiltà che sa riconoscere la grandezza del Signore, ma anche il suo tormento nella scoperta che l’Amore non è amato. Biagio ha sempre ricordato questo a noi tutti, ai suoi amici, e – da vero cristiano, da battezzato – anche a tutta la Chiesa”.
“Fratel Biagio sapeva individuare i segni di orgoglio e di violenza attorno a lui. Li osservava, ce li indicava come monito. Ma dinanzi a ognuna di queste onde tempestose rimaneva sereno e fiducioso perché sicuro che Lui, il Signore, sa sempre come placare i tumulti. E niente potrà togliere dal cuore di Dio l’amore per l’uomo: neppure la cattiveria degli uomini. Ecco l’origine della nostra preghiera e del nostro continuo convertirci: il Signore ci ama, il suo amore è fedele e noi siamo chiamati a credere in questo amore, come Fratel Biagio.
Lui ci ha creduto più di tutti, sin dall’inizio e fino alla fine perché lo ha fatto amando i poveri, che sono prediletti e protetti dal Signore, di un amore più grande. Per questo Papa Francesco lo ha definito «generoso missionario di carità e amico dei poveri».
“Fratel Biagio ha camminato alla luce del volto di Dio: ecco il segreto dei suoi occhi pieni di luce! Sono stati tra i primi occhi che ho incontrato, venendo a Palermo come vescovo. E con quegli occhi ho scambiato una promessa affinché questa comunità crescesse come insieme desideravamo: come una comunità capace di essere, nel cuore del Mediterraneo, modello di relazioni generative di dialogo e di pace, di amicizia e di cura. Di fraternità”.
“E chi, ancora una volta, ha creduto ciecamente più di Fratel Biagio? Chi ha rischiato più di lui? Chi, più di lui, ha superato ogni difficoltà per portare i sofferenti a Gesù? Chi ha amato di più? Un anno fa, in Cattedrale, durante le esequie, salutavamo Fratel Biagio ricordando come a lui sia stato dato il triplice dono di vivere da povero, di vivere con i poveri e di vivere per i poveri. Oggi è nostro compito ricordare che la sua incarnazione di quel Vangelo dice anche che nella Chiesa povera e dei poveri di cui abbiamo condiviso lo spirito; nella Chiesa povera e dei poveri che qui, nella nostra Palermo, ha reso possibile l’abbraccio esemplare e profetico tra Fratel Biagio e Papa Francesco; nella Chiesa povera e dei poveri che chiede in primo luogo ai nostri presbitèri, ai consacrati e alle consacrate, di ispirarsi al cammino di questo nostro fratello pellegrino e orante, sofferente tra i sofferenti e gioioso tra i più umili, tra i più semplici, ecco: in questa Chiesa non possono più esserci tetti da sfondare, né porte anguste da attraversare”.
“Muoviamoci tutti insieme oggi, idealmente, dietro a Fratel Biagio, dietro agli amici del paralitico del Vangelo. Muoviamoci insieme, amata Chiesa di Palermo, perché l’onore che oggi rendiamo a Biagio non sia solo un fatto emozionale o di facciata, l’onore che si rende ai martiri in morte, ipocrita e stucchevole se non è accompagnato da una conversione autentica sulla via della testimonianza e della santità. Palermo attende che l’opera di Fratel Biagio venga proseguita e rafforzata. Ciò significa porre gesti di condivisione e, dunque, di liberazione, di consolazione, di profezia.
Questa forza del Vangelo attingiamo stasera da Fratel Biagio, rendendo grazie al Padre per avercelo donato e impegnandoci insieme, nella preghiera e nell’azione – sulla via di Maria, Colei che ha cantato il canto di Dio che depone i potenti dai troni e innalza gli umili –, a fare della nostra Palermo e della Casa comune uno spazio di vita, di pace e di speranza più prossimo al Regno che viene”.