Cronaca di Palermo

Un papà “grida” a Mattarella: «Aiuti Palermo, i palermitani e i nostri figli»

Su alcune pensiline delle fermate degli autobus, da viale Strasburgo a piazza Giulio Cesare, passando per via Roma e via Libertà. al posto della solita pubblicità accattivante e colorata campeggia un foglio in bianco e nero, con disegnato un papà che tiene per mano la sua bambina, accanto ad una lettera aperta indirizzata al presidente della Repubblica. Questo papà si rivolge a Mattarella esprimendo tutto il suo disagio, la sua amarezza e sofferenza per la condizione in cui versa Palermo sotto ogni punto di vista. Il tono è pacato, ma si sente alto un grido di dolore per il torpore e l’indifferenza in cui sono caduti i palermitani.

LA LETTERA APERTA PER MATTARELLA

«Mia figlia è fin troppo ingenua per distinguere la differenza tra un diritto e un favore – si legge nella lettera –. Troppo innocente per capire cosa significhi avere mille bare in attesa di sepoltura e tutto sommato troppo piccola per soffrire i disagi di chi ogni giorno rimane intrappolato su strade puntellate da cantieri infiniti, buche e ponti pericolanti.
Una bambina che vive a Palermo e che alla fine chiede solo piccole cose come uno scivolo, un’altalena, uno spazio in cui girare in bici senza rischiare di farsi male, un luogo in cui non sia costretta a contendersi con il degrado che avanza inesorabilmente.

Sappiamo tutti che gli ultimi mesi sono stati drammatici – continua la lettera –. E chiedere una città pulita o un parco giochi, mentre il mondo affronta una crisi senza precedenti, può sembrare quasi offensivo, per non dire oltraggioso. Ma in questo clima di desolante rassegnazione, mi preoccupa pure il fatto che i nostri figli non riescano più a impressionarsi davanti alle discariche e ai sacchetti di rifiuti che accompagnano il tragitto a piedi da casa a scuola: non provano un briciolo di fastidio o disgusto, li scansano senza degnarli di uno sguardo o do un commento, che se ormai facessero parte dell’arredo urbano. Come se fosse normale».

COME SE FOSSE NORMALE…

«Mi creda – scrive ancora il papà – questo non vuole essere il solito atto di accusa. Contro chi trasforma un luogo così bello, crocevia di culture e di cultura, nella cloaca d’Italia. Anzi, visto che ci siamo ─ prosegue la lettera ─ voglio essere il primo a sedersi sul banco degli imputati. Dopo tutto il sentimento di sconfitta e di rassegnazione che sta contaminando i nostri figli è un virus che parte da noi adulti e si diffonde attraverso le nostre (troppe) distrazioni».

Però un ultimo tentativo sento il dovere di farlo. Perché in un momento in cui ci troviamo ad affrontare battaglie epocali, la paura più grande è quella di avviare al mondo generazioni di cittadini senza coscienza critica. Incapaci di lottare e di cambiare le cose».

APPELLO AL PRESIDENTE

Il papà anonimo lancia a questo punto un appello a Mattarella. «Mi rivolgo a lei, caro Presiedente, che nonostante tutto, nonostante le ferite che ha rimediato negli anni, ha continuato ad amare questa città. E a vivere a pochi passi dal luogo in cui le è stato inferto il dolore più grande.
Mi rivolgo a lei perché vorrei che usasse la sua autorevolezza per parlare al cuore dei palermitani. Per spiegare loro che esiste una via alternativa alla rassegnazione. Che anche Palermo può riassaporare almeno uno spicchio del suo antico splendore.

Parli a chi potrebbe cambiare le cose ma preferisce cambiare città. E parli anche a quelli che pur non potendo cambiare città, non sanno che volendo (e con poco) potrebbero cambiare le cose.

Insegni loro ad amare Palermo, a rivendicare spazi puliti e accoglienti e ad avere cura del bene comune. Spieghi a chi si ostina a sfregiare con i propri vizi strade, piazzee marciapiedi che un semplice gesto e tante piccole azioni quotidiane possono contribuire a ripulire l’aspetto e l’immagine di questa terra.

Si faccia portavoce di tutti quei genitori che alla fine vorrebbero semplicemente far vivere e crescere i figli in un luogo migliore, allontanandoli da una rassegnazione che non può maturare ad appena 4 anni. Ci dia la forza di cambiare le cose.

Per non continuare a inseguire il coraggio di cambiare città».

un papà

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Pippo Maniscalco