Accolti dall’imponente Atlante Farnese proveniente dal Museo archeologico di Napoli, visitando la mostra “Terracqueo” ci si immerge nella storia del Mediterraneo ripercorrendo migliaia di anni, dalla nascita delle terre emerse fino alle recenti scoperte archeologiche subacquee effettuate nei nostri mari. Un percorso affascinante, intenso, quasi viscerale: storie di uomini, di battaglie, di commerci, di civiltà che si materializzano ai nostri occhi grazie a reperti di rara bellezza e importanza.
E il connubio tra mare e terraferma, espresso in una sintesi perfetta proprio dall’Atlante Farnese, ci restituisce la cifra di questa mostra: il rapporto stretto tra il mare e la terraferma, tema universale in cui ci si può immergere durante la visita all’interno delle otto sezioni accolte nelle preziose sale Duca di Montalto del Palazzo reale di Palermo, cornice appropriata in questo tripudio di bellezza.
Sono più di trecento i reperti in esposizione, visitabili fino al prossimo 31 gennaio, provenienti dalle strutture museali siciliane ma anche dal Museo archeologico di Napoli, dai Musei Capitolini e dal Museo Etrusco di Volterra. Un percorso durante il quale la chiave di lettura è certamente lo scoprire preziosi oggetti dell’antichità per riflettere sul presente e sulla concezione di un Mediterraneo drammaticamente cambiato ma in fondo così simile agli eventi che per secoli lo hanno attraversato.
“Un mare di storia”, “Un mare di migrazioni”, “Un mare di commerci”, “Un mare di guerra”, “Un mare da navigare”, “Un mare di risorse”, “Archeologia subacquea: passato e presente”, “Il Mediterraneo. Oggi”. Queste le sezioni che in un ideale percorso cronologico-tematico presentano reperti e fatti legati al Mediterraneo. I fossili prevenienti dal Museo Gemmellaro di Palermo aprono l’itinerario di visita dove un avveniristico plastico multimediale realizzato dalla Teichos di Napoli, illustra la storia geologica del Mare Nostrum. E subito a seguire i lingotti in oricalco provenienti dai fondali di Gela, le monete in bronzo del famoso tesoretto di Pantelleria, la zampa di elefante in bronzo recuperata nei fondali dove fu trovato il Satiro Danzante. Ancora le preziose monete provenienti dal Museo Salinas di Palermo, così come la celeberrima statuetta fenicia del Melkart, le varie tipologie di anfore recuperate nei fondali siciliani e la preziosa armatura proveniente dal Salinas con l’elmo corinzio recuperato nel mare di Gela dalla Soprintendenza del Mare. Straordinario il cratere del venditore di tonno, un pezzo unico concesso dal Museo Mandralisca di Cefalù. Un Louterion, piccolo altare di bordo utilizzato dai naviganti per i riti dedicati agli dei, proveniente da un relitto romano individuato a 114 metri di profondità nelle Isole Eolie, fa bella mostra di se all’interno della sezione di archeologia subacquea. Sezione ricca di reperti interessanti, come le numerose ancore in piombo con iscrizioni e alcune antiche ancore in pietra, assieme ad una porzione di legno del relitto tardo romano di Scauri, recuperato con il suo carico di ceramica da cucina nei fondali di Pantelleria. Ma l’emozione veramente intensa, questa mostra la riserva nella sezione dedicata alla Battaglia delle Egadi, un tributo a Sebastiano Tusa che individuò con le sue intuizioni e i suoi studi il luogo dove la flotta romana e quella cartaginese si scontrarono nell’epilogo della Prima Guerra Punica.
Una ricca presentazione di reperti, dodici rostri incastonati su un gigante pannello verticale, dieci elmi romani e tante anfore, tutti reperti recuperati nei fondali di Levanzo, teatro dello scontro del 241 a.C.. Tutto accompagnato da coinvolgenti presentazioni multimediali che raccontano al visitatore la dinamica della battaglia e le strategie di guerra messe in atto da Lutazio Catulo e da Annone, i condottieri a capo delle due flotte. Un momento del percorso, questo, dove è ancora vivo il ricordo per l’immenso lavoro scientifico che il grande archeologo siciliano ha svolto per la sua terra. Insomma “Terracqueo” è un lungo ragionamento sul Mediterraneo sotto e sopra la sua superficie, e che nella sua sezione finale richiama il grande dramma delle migrazioni grazie ad un sistema multimediale di grande effetto che presenta in grande formato le immagini di un lungo reportage fotografico realizzato in otto mesi in 17 paesi del Mediterraneo. La visita di questa bella mostra vi farà compiere un viaggio nella storia del Mare Nostrum, su quello che è stato e su quello che oggi rappresenta; uno spazio di vita dove le vite stesse convivono in una divisione forzata e artificiosa.