VIDEO| Cantiere Navale, la rabbia degli operai della “Picchettini”

Trentaquattro lavoratori e le loro relative famiglie aspettano risposte da novembre. Ecco le loro voci.

Lavoratori Picchettini

Gli operai della cooperativa Picchettini si sono dati nuovamente appuntamento, presso il Cantiere Navale di Palermo, per chiedere all’azienda Fincantieri e alle istituzioni il reintegro nelle loro mansioni.

Questa è la richiesta mossa dai lavoratori dell’azienda di carattere familiare, nata nel capoluogo siciliano nel 1973. Un’impresa impegnata in passato al fianco di uomini come il sindacalista Gioacchino Basile, nonché promotrice dei patti di integrità e dei protocoli di legalità sottoscritti nel 2010, ma che è finita coinvolta in importanti vicende giudiziarie. Fatti che ne hanno compromesso l’operatività e le commesse, tanto da essere esclusa dai rapporti con Fincantieri.

I LAVORATORI CHIEDONO RISPOSTE

Come risultato, erano inizialmente 70 i lavoratori del plesso che sono rimasti senza lavoro. Per 36 di loro è stato previsto l’ingresso in Isolfin, azienda che si è fatta carico delle commesse di competenza di Picchettini. Ma per 34 di loro, ad oggi, non c’è nessuna certezza sul futuro.

“Siamo qui oggi a manifestare contro le ingiustizie che stiamo subendo da parte del Prefetto e l’arroganza e l’ostilità da parte di Fincantieri – dichiara Vincenzo Pirrotta della cooperativa Picchettini -. Noi siamo da 46 anni dentro al cantiere navale a fare servizio solo e soltanto per Fincantieri. Abbiamo lavorato onestamente, abbiamo sempre combattutto l’illegalità dentro al cantiere navale”.

“Non possiamo accettare questa ingiustizia. Vogliamo che qualcuno si interessi alla nostra causa, in particolare i sindacati. Isolfin ha fatto assumere soltanto 36 operai, i restanti 34 sono rimasti fuori. In seguito a ciò, vogliamo risposte da Fincantieri”.

LA BUFERA GIUDIZIARIA SU PICCHETTINI

La Prefettura di Palermo, in data 22 giugno 2020, ha emesso un’interdittiva nei confronti della Picchettini. Ciò a causa dei rapporti fra il titolare dell’azienda, Giuseppe Scrima, e il legale rappresentante della Spavesana, Roberto Giuffrida, tratto in arresto durante l’inchiesta del maggio scorso relativa agli intrecci fra i clan mafiosi dell’Acquasanta e dell’Arenella con alcune società operanti all’interno del cantiere navale di Palermo.
Il Tribunale del Riesame ha successivamente revocato la misura cautelare nei confronti di Scrima.

Ma la Prefettura di Palermo, in data 17 novembre 2020, ha emesso una seconda interdittiva. Ciò basando la decisione (a quanto si legge nella sentenza del Tar del 13 gennaio 2021) sul fatto che la decisione presa dal Tribunale del Riesame “non aveva fatto venire meno le circostanze di fatto, ritenute rilevanti ai fini della formazione del giudizio prognostico sul possibile pericolo d’infiltrazioni mafiose. In particolare, la Prefettura ha sottolineato “l’ininterrotto rapporto di condivisione di interessi economici” fra Giuseppe Scrima e Roberto Giuffrida. Soggetto quest’ultimo “indicato come referente della famiglia mafiosa al vertice dell’Acquasanta”.

Sulla base degli elementi a sua disposizione, la prima Sezione del Tar Sicilia ha accolto nuovamente però il ricorso della Picchettini, sospendendo l’efficacia dei provvedimenti impugnati. Ciò perchè, si legge nella sentenza, “la circostanza non basta, allo stato, per ritenere che così come Giuffrida ha consentito l’infiltrazione del gruppo Fontana nella cooperativa da lui amministrata, altrettanto abbia fatto Giuseppe Scrima”.

Un ulteriore passaggio giudiziario c’è stato il 26 febbraio del 2021. Il Ministero dell’Interno ha presentato ricorso, avverso la decisione del Tar, al Consiglio di Giustizia Amministrativa. L’organo giudiziario ha però respinto il ricorso, rinviando la questione al prossimo appello cautelare del 21 ottobre del 2021.
Intanto però, 35 famiglie attendono notizie sul proprio futuro.