I militari della guardia di finanza hanno eseguito ieri notte l’operazione “Villaggio di famiglia“, smantellando la famiglia mafiosa del Villaggio Santa Rosalia di Palermo. Le fiamme gialle hanno eseguito misure cautelari nei confronti di 33 soggetti, di cui 25 sottoposti alla custodia in carcere, uno destinatario degli arresti domiciliari e 7 della misura interdittiva del divieto di esercitare attività imprenditoriali.
Al vertice della famiglia mafiosa del “Villaggio” ci sarebbe, anche se in carcere, Salvatore Sorrentino, detto «Salvino», noto anche come lo «studentino». Sorrentino è nipote di Francesco Paolo Barone, appartenente alla famiglia di Pagliarelli. Barone è sposato con Rosaria Lombardo, zia di Emanuela Lombardo, moglie di Salvatore e madre di Vincenzo, il giovane al quale papà Salvatore impartiva gli ordini per la gestione del clan.
Il Giornale di Sicilia, in un articolo dedicato, ha descritto la carriera dello “studentino”. Per Salvatore Sorrentino il primo arresto nel 2005, ed assolto e scarcerato nel 2007. Nel 2008 è stato di nuovo arrestato e condannato per avere fatto parte della famiglia mafiosa del Villaggio Santa Rosalia, con la pena di 8 anni e 5 mesi di reclusione. È stato scarcerato per fine pena nel 2015, ed è finito di nuovo nell’inchiesta Cupola 2.0. Nuova condanna, accusato in primo grado di essere a capo della famiglia del Villaggio, «relazionandosi, come ha scritto il gip Walter Turturici, con Settimo Mineo per gestire le attività delittuose nel territorio di competenza».
Sorrentino dal carcere faceva arrivare i suoi ordini attraverso il figlio Vincenzo, anche lui arrestato nel corso dell’operazione “Villaggio di famiglia” della guardia di finanza. Approfittando delle videoconferenze, fungeva da messaggero anche la moglie, Emanuela Lombardo, che aveva anche un ruolo operativo. Dalle indagini è venuto fuori che la famiglia mafiosa del Villaggio Santa Rosalia controllava e condizionava il tessuto economico del territorio. Non sfuggiva nulla, dalla vendita ambulante del pane, alla fornitura in regime di monopolio dei fiori attraverso una rete di venditori palermitani nei pressi dei cimiteri di Sant’Orsola e Santa Maria dei Rotoli, anche con l’imposizione dei prezzi di vendita dei prodotti. Anche l’apertura dei negozi avveniva dietro autorizzazione con l’imposizione di ditte e tecnici per la realizzazione di lavori nei locali commerciali.
La famiglia controllava pure gli affari immobiliari, le aziende del settore edile e del movimento terra ed era sempre pronta a dirimere le controversie tra privati. Diversi affiliati tenevano la cassa della famiglia. Riserve di soldi contanti per potere assicurare il sostegno economico ai carcerati o a chi si trovava in difficoltà economica. Negli anni al Villaggio sono arrivati anche fiumi di cocaina dalla Calabria. Nel corso di indagini è stato ricostruito il pagamento di un grosso quantitativo di droga per circa 700mila euro.