Vincenzo Spinelli, l’eroe ucciso dalla mafia e dimenticato dallo Stato

L’intervista esclusiva alla primogenita dell’imprenditore palermitano ucciso dalla mafia la cui storia è rimasta troppo a lungo nell’ombra. “Mio padre è una vittima innocente di mafia”

Vincenzo Spinelli

30 Agosto del 1982. Una giornata calda, afosa. Il calare della sera non portava alcun beneficio. Vincenzo Spinelli, uno dei primi commercianti a ribellarsi al racket delle estorsioni, denunciando i suoi aguzzini, camminava lungo una traversa di via Castelforte, a Pallavicino. Camminava solo. Era assorto nei suoi pensieri quando all’improvviso sei colpi partiti da dietro lo hanno trafitto. Un vero agguato mafioso, alle spalle. Non fa in tempo a voltarsi, né a chiedere aiuto; quei killer compiono la loro missione e spariscono nell’oscurità da cui sono venuti.  

Vincenzo è morto così, dissanguato. A terra. Solo. Non a caso, perché lui, in quella città così difficile, ancora troppo omertosa, piena zeppa di cadaveri eccellenti morti ammazzati e di magistrati collusi con il potere mafioso, era davvero solo. E tale è stato anche per anni dopo la sua morte, nonostante l’impegno della famiglia. Sì, perché Vincenzo, il commerciante con splendidi occhi azzurri, gentile, generoso e con un cuore grande, è stato ucciso due volte. Dai suoi killer, quel terribile 30 agosto e dalla sua gente, dalle Istituzioni… Una vittima di mafia uccisa e condannata al destino peggiore: l’oblio.

PER LA PRIMA VOLTA PALERMO RICORDA SPINELLI

Grazie alla resilienza della famiglia, però, Vincenzo non è più una vittima sconosciuta. Nel 2018, esattamente trentasei anni dopo per la prima volta viene celebrata una commemorazione pubblica e istituzionale, con tanto di l’intitolazione successiva di una strada dove aveva uno dei suoi negozi. La storia, fortunatamente, è cambiata… Ed oggi lo ricordiamo con grande gratitudine.

LA SUA CONDANNA A MORTE

Il suo “no” alla mafia e la sua denuncia gli furono, purtroppo, fatali. La sua condanna a morte, Spinelli, la firmò tre anni prima di essere ucciso quando riconobbe e fece arrestare chi lo rapinò nel 1977. Era Girolamo Frusteri parente dei boss Giuseppe Savoca e Masino Spadaro. Nonostante le pressioni, l’imprenditore decise di non ritrattare. Ignorato per anni dalle cronache e dalla giustizia. A raccontare la storia, raggiunta telefonicamente dalla redazione di PalermoLive.it è Valeria, la sua primogenita.

ALLA FINE DELL’ARTICOLO SI PUO’ ASCOLTARE UNA PARTE DELL’INTERVISTA REALIZZATA ALLA PRIMOGENITA DI VINCENZO SPINELLI, VALERIA.

Suo padre venne ucciso il 30 agosto del 1982. Che ricordo serba di quella terribile giornata ed a cosa pensa ogni volta che ricorre questa data?

Valeria ha la voce rotta dal pianto e singhiozzante quando inizia a parlare di suo padre Vincenzo. “Mi emoziono sempre quando parlo di lui… Era un uomo fantastico, molto genero, con tutti. Cercava di aiutare la gente il più possibile. Il suo ricordo rimarrà indelebile per sempre”.

La mafia in quell’anno continuava ad uccidere senza sosta. Ed il nome di suo padre, rischiò di passare inosservato. Se non ci fosse stata la resilienza della famiglia, oggi qualcuno potrebbe chiedersi se fosse veramente una vittima. Come avete vissuto questa “non curanza” da parte della gente e delle istituzioni. Qual è, oggi, l’atteggiamento della sua famiglia nei confronti di quest’ultime?

“In quell’anno ancora non c’era stato il maxiprocesso, addirittura la mafia (per lo Stato) non esisteva. Quando mi hanno interrogata in Questura, ho trovato un muro, dicevano che in quelle famiglie (a cui ci riferivamo) non c’erano stati episodi di killeraggio. Invece sappiamo che non è così. Poi il Questore di allora, si scoprì che era colui che faceva da tramite ai latitanti. Fu anche condannato a 10 anni circa e poi radiato dalla Polizia”.

“Ho sofferto molto, per due anni non volevo uscire di casa… Mi vergognavo… Pensavo alle persone che avrei potuto incontrare, che mi conoscevano e che avrebbero potuto pensare che mio padre fosse stato un mafioso, un delinquente, un poco di buono. Quando sono cresciuta, evitavo di dire addirittura perché era morto. Dicevo che era morto d’infarto”.

Da quel 1979, in cui suo padre fece arrestare il criminale che lo rapinò pochi anni prima, com’è cambiata la sua e la vostra vita? Siete stati tutelati dallo Stato? Come avete vissuto quel periodo e quei 3 anni antecedenti all’uccisione?

Quella giornata del 1979, Vincenzo Spinelli firmò la sua condanna a morte, denunciando e facendo arrestare uno dei criminali che lo rapinò nel ’77: il 30 agosto dell’82, ad aspettarlo sotto casa c’erano i criminali che lo hanno freddato noncuranti del fatto che al suo fianco nell’auto, ci fosse sua moglie. E così, una pallottola cambiò per sempre le loro vite. Valeria aveva solo 14 anni e sua sorella 10. “Dopo quella notte anche la quotidianità è stata difficile, al trauma di aver perso un marito e un padre fantastico in questa maniera così brutale si aggiunse la sofferenza per le conseguenze del mancato riconoscimento della vicenda agli occhi della giustizia; ciò ha provocato in noi una sensazione di irrisolutezza e rabbia perché non potevamo trovare pace sapendo quanto in fretta mio padre fosse finito nel dimenticatoio e come fosse stato possibile archiviarlo come “presumibilmente vittima della mafia“.

Per la prima volta, suo padre, venne ricordato nel 2018, esattamente 36 anni dopo. Si sa dare una spiegazione? Perché tanta indifferenza?

Ignorato per anni dalle cronache e dalla giustizia, Spinelli è una delle tante vittime silenti della mafia degli anni Settanta e Ottanta. Per la prima volta è stato ricordato con una cerimonia a piazza Bologni, nel 2018. “Finalmente per la prima volta, dopo tanti anni, era arrivata una risposta concreta e mio padre veniva così riconosciuto vittima della mafia. Ma una risposta è arrivata anche in questo caso, in maniera del tutto casuale: un giorno ricondivisi sul mio profilo Facebook la foto di mio padre che un’associazione di vittime della mafia era solita pubblicare ogni anno. Vedendola, un mio amico, incuriosito dalla storia, mi scrisse di averne parlato con il consigliere comunale Igor Gelarda il quale  espresse il desiderio di metterla in risalto. E così, ancora stupita acconsentii a mettermi in contatto con Gelarda che decise di organizzare una commemorazione ufficiale. Io e mia sorella andammo alla commemorazione incredule, ma una volta arrivate, ciò che vedemmo ci sembrò un sogno: piazza Bologni era gremita. C’era il Prefetto, il Questore, le più alte cariche di polizia e guardia di finanza erano lì per commemorare mio padre. In un lampo, ciò che a lungo era rimasto adombrato dagli eventi (come la morte di Dalla Chiesa, avvenuta tre giorni dopo l’assassinio di mio padre) venne alla luce”.

“Dopo la commemorazione fu un’altra la grande gioia, anch’essa inaspettata: l’intitolazione di una strada a mio padre. Questo desiderio venne espresso in maniera del tutto spontanea da mia sorella durante la commemorazione. Qualche giorno dopo, il capo della toponomastica, Michelangelo Salamone, avendo ascoltato le sue parole mi scrisse su Messenger: “Ho ascoltato tutto. Sono disposto ad intitolare una strada a vostro padre”.

Qual è il suo stato d’animo quando le capita di passare dalla via, oggi, intitolata a suo padre?

Il 23 luglio alle ore 9,30 ha avuto luogo una piccola cerimonia, alla presenza del Sindaco, in cui è stata intitolata l’ex Valderice a Vincenzo Spinelli. Lì l’imprenditore aveva i negozi. “Mi commuovo sempre quando ci passo. – continua Valeria – Mi piace passarci spesso… Mi dà conforto…”.

Qual è l’insegnamento più grande che ha ricevuto da suo padre?

“L’onestà ed il coraggio” – Conclude Valeria Spinelli fiera del padre e con la voce tremante.

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L’intervista esclusiva alla primogenita di Vincenzo Spinelli, Valeria