A Lucca sono stati avviati accertamenti su un paziente di 50 anni, già guarito e dimesso, proveniente dal Congo e ricoverato con febbre e anemia, stessi sintomi del virus che nel paese africano ha fatto già trenta morti. L’ospedale toscano di San Luca, dopo l’allarme sanitario per il focolaio congolese, ha informato l’Istituto Superiore di Sanità ed i campioni prelevati dal paziente stanno per arrivare all’ISS.
L’uomo lavora in Congo rientrato in Italia ha manifestato “una sintomatologia influenzale potenzialmente riconducibile alla malattia che sta colpendo una regione del paese africano”, come precisa in una nota Maria Rosaria Campitiello, Capo dipartimento della prevenzione, della ricerca e delle emergenze sanitarie del ministero della Salute.
Spartaco Sani, responsabile delle malattie infettive dell’ospedale lucchese, ha precisato che l’uomo “è stato ricoverato con febbre e anemia ma, adesso sta bene come lo sono i suoi familiari. Solo per scrupolo è stato ricontattato per accertamenti, ma ad oggi non c’è pericolo di contagio”. Dall’Asl Toscana precisano che il paziente è stato richiamato per accertamenti “per una questione di massima precauzione” dopo che si era avuta notizia del focolaio congolese. Al momento del ricovero dell’uomo, infatti, “non era ancora noto il focolaio emerso in Congo”, precisano dall’Asl.
L’Azienda sanitaria ha evidenziato che la struttura di malattie infettive, insieme a direzione sanitaria e ospedaliera e al dipartimento della prevenzione, ha effettuato un lavoro di verifica a 360 gradi sulla vicenda e “non ci sono al momento profili di rischio”.
Febbre, mal di testa, mal di gola, tosse, difficoltà respiratorie e anemia, sono i sintomi di questa malattia misteriosa che sta preoccupando il Congo. Un virus che ha colpito in particolare l’area di Panzi, località del Sud-Ovest del Paese.
Secondo il ministero della Sanità congolese l’epidemia dura da oltre 40 giorni ed i morti accertati in presidi sanitari sono circa 27 su 382 contagiati. Altri 44 decessi sono stati registrati nei villaggi limitrofi, ma senza una verifica della diagnosi. Il tasso di mortalità è all’8%, un dato che merita attenzione ma non allarmismo. Potrebbe trattarsi di febbre emorragica o qualche forma di polmonite, passando anche ai contagi respiratori: gli infettivologi stanno cercando di restringere il cerchio.