È una sorta di lettera a tu per tu con Fedez l’editoriale di Vittorio Feltri su Libero. Una risposta alle stories in cui il rapper, in lacrime, ha raccontato ai suoi follower di un non meglio precisato problema di salute recentemente diagnosticatogli. La diagnosi tempestiva non gli risparmierà un percorso importante – spiega il cantante -, che aggiunge di non escludere di parlare, in seguito, di cosa gli stia accadendo con maggiori particolari.
“Caro Fedez, ho letto dei tuoi problemi di salute, ne sono dispiaciuto e spero si risolvano presto. Sei un giovane di talento, hai una bella famiglia e comprendo il tuo stato d’animo di fronte alla malattia. Tutti siamo preoccupati della integrità del nostro corpo e tentiamo di tenerlo in forma per vivere sereni”. Così Feltri apre il suo editoriale. Ricorda un’intervista che qualche tempo fa il rapper gli fece e confessa di seguirlo da allora con simpatia. “Anche se condivido un decimo delle tue esternazioni – aggiunge -. Io d’altronde ho molte opinioni ma non ne condivido neanche una, quindi non posso concordare con le tue. Ciò non mi impedisce di avere simpatia per te, per cui sento di confidarmi su un tema che ci accomuna. Quello della salute perduta”.
Così Feltri parla di sé e delle recenti vicende che lo hanno coinvolto. “Io ho 78 anni, non ho mai avuto disturbi. Ogni 24 mesi mi sottopongo ad esami di laboratorio. Voglio controllare che tutto vada bene. I responsi sono sempre andati bene, polmoni perfetti nonostante fumi da secoli come una ciminiera, fegato in ordine benché trinchi qualche bicchiere, perfino il cervello – e il particolare è sorprendente – funziona a meraviglia. Ma l’ultima verifica con la tac, metodo di contrasto dalla testa ai piedi, mi ha riservato una sorpresa spiacevole. Referto: nodulo al petto, parte sinistra (la sinistra mi è sempre stata sulle palle). Per me la parola nodulo non significava niente. Non mi sono spaventato. Ma la mia chirurga, una bella ragazza, mi ha detto che bisognava approfondire. Va bene, approfondisci e non rompermi”.
“Svolto l’accertamento con un ago, il medico, Paola Martinoni, emette la sentenza: cancro, bisogna intervenire col bisturi. Lei è una chirurga oltre che essere bona, e il primo di marzo mi trovo in sala operatoria, mezzo biotto, pieno di vergogna. Anestesia totale, quindi il risveglio. Nessun dolore. Mi riportano in camera sveglio ed entra nella stanza un cameriere che mi porge una coppa di champagne offerto dalla équipe medica”.
“Uscito dalla clinica mi sono recato al giornale, sedendo alla scrivania dove mi trovo pure in questo momento che ti scrivo. E ho lavorato come sempre senza confidare niente a nessuno. Non ne ho sentito il bisogno. Invece ora dico chiaramente a te e a tutti che ho il cancro, perché mai dovrei dichiararlo a bassa voce, in fin dei conti la mia non è una malattia venerea. Caro Fedez uno come te non ha peli sulla lingua e ha il diritto di esprimere i suoi timori e le sue ambasce. Ti prego, non farti intimidire dal morbo col quale hai iniziato una battaglia che potrai vincere con l’aiuto di Sanculo. Non deprimerti, i malanni fanno parte della natura che è nostra nemica, dobbiamo batterla con la volontà, una risorsa personale che non abbisogna della pietà di chi ci guarda con commiserazione per prevalere sulla sventura”.
“Non sono capace di consolarti, caro Fedez, però ti segnalo che io del mio tumore me ne sbatto i coglioni – conclude Feltri -. Brutta frase, ma vera. Finché starò al mondo litigherò con chiunque, perfino col cancro. Dammi retta, non piangere, fai a pugni con la sfiga, avrai ragione tu“.