Forse un giorno scopriremo se negli spogliatoi del campo centrale di Wimbledon esiste una stanza segreta dove i tennisti si rifugiano quando sono in difficoltà, per ritrovare le forse e le energie perdute. Ma in realtà – uscendo dal tono scherzoso – è forse molto più probabile che quella fantomatica stanzetta non esista, ed esista invece la classe e la volontà di uomini come Djokovic e Nadal, che hanno scritto e continuano a scrivere la storia del tennis con le loro vittorie ai limiti del pensabile.
Era il secondo set della sfida di quarti di finale tra Rafael Nadal e Taylor Fritz, e ad un certo punto il maiorchino ha iniziato a tirare più piano e a piegarsi su se stesso. Già dal primo turno, Nadal aveva dichiarato di avere dei problemi muscolari agli addominali, e a tutti è sembrato che quei fastidi fossero esplosi definitivamente. Nadal continuava comunque a giocare, mentre il suo avversario appariva talmente smarrito e confuso da non approfittare della evidente sofferenza di Rafa. La situazione appariva ancora più grave guardando l’atteggiamento dell’”angolo” di Nadal, con il padre che indicava chiaramente a gesti al figlio di gettare la spugna e ritirarsi.
Qui arrivava il “medical time out” chiesto dallo spagnolo, che dopo i cinque minuti concessi dal regolamento tornava in campo e invece di avvicinarsi alla rete e dare la mano a Fritz – come tutti noi credevamo – si chinava a prendere la sua racchetta e lanciava con lo sguardo e con il corpo un messaggio chiaro: mi spezzo ma non mi piego. Una situazione che peraltro i due avevano già vissuto al torneo di Indian Wells, dove Nadal aveva lasciato via libera a Fritz per il suo problema al piede.
Come Djokovic contro Sinner, anche negli ultimi due set della partita, Nadal è entrato in quella dimensione parallela che è esplorabile solo da quelli come loro. Un mondo surreale in cui Rafa – esattamente come il serbo contro l’azzurro – ha iniziato a non sbagliare più nulla, ad annullare e respingere ogni tentativo di Fritz di chiudere la gara, come se i suoi problemi fisici fossero qualcosa che nulla aveva a che vedere con il completamento della sua missione, per chiudere al tiebreak del quinto set dopo oltre quattro ore di battaglia.
Un giorno, quando questi due “mostri” avranno appeso la racchetta al chiodo (sarebbero tre, ma Federer purtroppo lo ha ormai fatto quasi del tutto) ci renderemo conto di che fortuna è stata vederli giocare per tutti questi anni, uno contro l’altro, al meglio della loro forma, scrivendo pagine di tennis e di sport che sono state e saranno di ispirazione per tanti ragazzi e ragazze che guardandoli hanno chiesto ai genitori “domani me la compri una racchetta?”
Ora Nadal ha 48 ore per capire l’entità esatta del suo problema fisico, e presentarsi venerdì in semifinale dove lo attende Nick Kyrgios. L’australiano ha liquidato in tre set il cileno Garin, e ha raggiunto per la prima volta in carriera una semifinale Slam. Lo ha fatto con grande merito, e ancora una volta senza quelle intemperanze verbali che limitano così tanto il suo talento e che vorremmo non vedere più.
Definita anche la seconda semifinale del tabellone femminile. Ad affrontarsi oggi saranno Simona Halep ed Elena Rybakina. La rumena, che sogna di tornare ad alzare il piatto della vincitrice dopo il successo del 2019, ha letteralmente spazzato via dal campo in due rapidi set la statunitense Anisimova, mentre la russa naturalizzata kazaka (cosa che ha creato non poche polemiche vista l’esclusione dal torneo delle atlete russe e bielorusse) ha battuto in tre set l’australiana Tomljanovic.
Oggi in campo anche l’altra semifinale femminile, tra la tedesca Maria e la tunisina Jabeur: colleghe, avversarie, ma soprattutto – per loro stessa ammissione – amiche, tanto che Tatjana Maria ha addirittura dichiarato “per me Ons è come una di famiglia, e amo vederla camminare tenendo per mano mia figlia”. Una partita da non perdere, soprattutto perché comunque vada, nessuna di queste due splendide donne perderà.