La zona rossa è un fallimento, per salvarsi bisogna rafforzare i controlli

In diverse città come Palermo le limitazioni e le chiusure non hanno migliorato la situazione. A che serve la zona rossa se i controlli in strada non sono sufficienti?

zona rossa

Palermo continua a restare in zona rossa, probabilmente fino a mercoledì 28 aprile. Dipenderà dai dati raccolti sul covid e dalla decisione della Regione siciliana se il capoluogo potrà tornare in zona arancione o se dovrà ancora stringere i denti. Ma oggi vogliamo lanciare una provocazione: a che servono tutte queste restrizioni se poi i controlli in strada non sono sufficienti e tanti cittadini fanno quello che vogliono?

L’ITALIA A COLORI E LA ZONA ROSSA NON HANNO FUNZIONATO A DOVERE

Il covid c’è ed è un grande problema. Va combattuto con tutte le armi che abbiamo in possesso. Ben vengano dunque cure e vaccini. Ma c’è un problema sociale che non possiamo fingere di non vedere: il mondo delle Partite Iva è al collasso e la crisi occupazionale dilaga.
In tanti hanno già chiuso e le aziende che stanno resistendo sono allo stremo. Allora va fatta una riflessione: l’Italia a colori si è davvero rivelata un’arma efficace contro il tanto temuto coronavirus?

NON BASTA CHIUDERE

A giudicare dai risultati sembra di no. Il virus c’è ancora e in alcune zone, come per esempio diversi quartieri della città di Palermo, l’emergenza sanitaria si è addirittura amplificata. Non è difficile capire i motivi di tale fallimento; sarebbe bastato, per esempio, fare un giro ieri, 25 aprile, al centro storico, dove c’era un tappeto di persone che passeggiava tra via Ruggero Settimo e via Maqueda, per comprendere che non basta scrivere un’ordinanza o imporre una zona rossa solo sulla carta, per sconfiggere presto e definitivamente il covid. Servono controlli a tappeto. Altrimenti l’unico risultato che si ottiene è quello di affossare l’economia cittadina.

La soluzione non può essere solo ed esclusivamente la chiusura. Siamo in guerra contro un virus, invisibile e pericolosissimo, ma è improbabile che si possa riuscire a sconfiggerlo chiudendosi in casa e facendo le barricate, bisogna passare al contrattacco. Anche perché i ristori finora elargiti alle partite iva non sono adeguati alle perdite che queste ultime stanno subendo da marzo 2020 ad oggi.

AUMENTARE I CONTROLLI

Allora cosa fare? Bisogna tornare il più presto possibile alla normalità, riaprendo tutte le attività commerciali e non solo quelle che, erroneamente, sono ritenute più essenziali di altre. Tutto ciò moltiplicando gli sforzi per fare rispettare protocolli sanitari, come mascherine obbligatorie nei locali chiusi e distanziamento. Ma con attività commerciali, culturali, teatrali, ludiche, sportive, ricreative e di altro genere aperte, con presenze contingentate e controllate, sfruttando anche gli strumenti di sicurezza che il precedente Governo aveva imposto loro, come attrezzature di sanificazione per prevenire i contagi, dispositivi di protezione individuale, gel disinfettanti e pannelli divisori. E applicando sanzioni severe e chiusure temporanee o definitive a chi non si adegua, a chi non rispetta le regole e a chi non le fa rispettare.

Poi la cosa più importante: incrementare a dismisura i controlli nelle strade e nei locali. I proventi che al momento sono destinati agli ammortizzatori sociali o ai ristori potrebbero essere utilizzati sia per il potenziamento degli hub per la campagna vaccinale, sia per l’assunzione temporanea di nuovi agenti locali, che avrebbero il compito di far rispettare ordinanze e protocolli. Di giorno ma anche di notte. Perché esistono le attività notturne e, anche se non vendono pane, pasta o farmaci, hanno anch’esse il diritto di lavorare.