Christopher T. Donahue, comandante della U.S. Army 82nd Airborne Division, lascia la capitale afghana. L’immagine che lo ritrae mentre raggiunge l’aereo che lo riporterà a casa da lì a poco è diventata già iconica. Il retroscena che però non tutti conoscono è altrettanto rilevante. Il militare è in realtà scortato dai miliziani talebani ad ulteriore riprova del loro potere sul territorio.
Dopo circa un ventennio trascorso a presidiare e controllare il paese; dopo un ultimo tragico evento che ha visto 13 soldati americani perdere la vita a causa di un attacco kamikaze; l’ultimo esponente dell’esercito degli Stati Uniti esce di scena sconfitto. Arreso al nuovo cambio di potere, cammina a testa bassa e con il fucile d’assalto puntato per terra. Era il 7 ottobre 2001 quando gli USA diedero inizio alla missione “Enduring Freedom”. Una risposta repentina agli attacchi terroristici che colpirono le torri gemelle. Vennero attaccati i talebani perché accusati di essere complici con Al Qaeda.
Donahue era tornato in Afghanistan da qualche settimana per dare manforte ai suoi commilitoni durante la potente avanzata talebana. Il presidente Joe Biden aveva pianificato delicate operazioni di evacuazione che richiedevano l’impiego di veterani. Il comandante Donahue era già stato testimone di scenari difficili. Iraq, Siria, Nord Africa ed Europa orientale stanno tutte sul suo curriculum. Senza contare la sua esperienza come assistente del capo dello Stato maggiore. I media statunitensi dicono che dopo aver parlato con uno dei comandanti della milizia talebana per comunicare la sua partenza da Kabul, abbia inviato un messaggio nella chat del suo gruppo militare. Un messaggio semplice e diretto: “Sono fiero di voi.”