È morto a 79 anni il boss della camorra Raffaele Cutolo. Da tempo ricoverato nel reparto sanitario detentivo del carcere di Parma, a causa di una setticemia del cavo orale. Cutolo era detenuto con la formula del 41 bis da 34 anni e 2 mesi, ad eccezione di un breve periodo in cui fu latitante in seguito all’evasione dal manicomio giudiziario di Aversa.
A lui fu ispirato, con molta probabilità, il brano di Fabrizio De Andrè, edito nel 1990. Nella canzone il brigadiere Pasquale Cafiero, carceriere a Poggio Reale, chiede favori personali a “Don Raffaè”, a cui si rivolge con il titolo di “eminenza”.
Secondo Mario Luzzatto Fegiz, De André avrebbe affermato che “La canzone alludeva proprio a don Raffaele Cutolo”; anche se l’autore non disponeva “di notizie di prima mano sulla sua detenzione”
In particolare, nella frase “lo Stato, che si costerna, s’indigna s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità” si è letto un riferimento al caso Cirillo, ai tempi Assessore ai lavori pubblici della Campania, vittima di un sequestro durato 89 giorni. In quell’occasione la Dc chiese al capo della “Nuova Camorra Organizzata”, che si trovava recluso proprio a Poggio Reale, di mediare per la sua liberazione. Il brigadiere Pasquale Cafiero chiede piaceri a don Raffaè: il cappotto per un matrimonio, un posto di lavoro per il fratello; insieme consumano il rito del caffè “che sulo a Napule sanno fa”.
Non si sa se realmente De Andrè sia stato ispirato dalla figura del boss Cutolo nello scrivere questa canzone; ma di fatto “Don Raffaè” ancora oggi rappresenta un grande classico della musica italiana, scritta da uno dei più grandi cantautori del nostro Paese.