Caccamo non ha dubbi: “Pietro ha ucciso Roberta, era un violento”
Per i compaesani di Pietro Morreale e di Roberta Siragusa non ci sono dubbi: ad uccidere la ragazza sarebbe stato il fidanzato
I gravi indizi di colpevolezza nei confronti di Pietro Morreale per l’omicidio di Roberta Siragusa, avvenuto sabato scorso a Caccamo, non li scopriamo certo noi.
In paese non si parla d’altro. Nonostante la zona rossa, per le strade si incontrano parecchie persone e tanti giovani. Nessuno ha voluto rilasciare dichiarazioni davanti alle telecamere, ma tutti quelli interpellati, a microfoni spenti, avevano qualcosa da dire. Uno degli spunti più interessanti ce l’ha dato un 17enne che frequenta la stessa scuola di danza in cui andava Roberta: “È più basso di me (un metro e sessanta circa, ndr) – ci racconta il ragazzo riferendosi al presunto assassino – e pesa sì e no 50 chili. Roberta non era magrissima. Mi domando come possa aver fatto tutto da solo”.
IL DIRUPO
Effettivamente noi quel luogo in cui è stato trovato il corpo, e dove c’è quel dirupo, lo abbiamo visitato (clicca qui per guardare la nostra diretta dal luogo del ritrovamento) . E ci siamo chiesti anche noi come potrebbe aver fatto quel 19enne, che di certo non è un killer di professione e nemmeno un gigante, a caricarsi il peso morto della sua fidanzata e a scaraventarlo nel precipizio. Ci vuole forza ma anche tanto sangue freddo. Il posto di notte è buio, deserto, la strada è sterrata e stretta. Da un lato c’è il piede del monte e dall’altro il dirupo. Circa un chilometro di pericoli, che Pietro ha percorso due volte, in piena notte. È assodato che lui sia andato lì, alle 2,37 e alle 3,28. Le immagini delle telecamere di alcune villette della zona hanno registrato tutto. In uno dei due viaggi Roberta era con lui. Da stabilire se fosse viva o morta. Ma quei frame hanno anche dimostrato un altro lato oscuro di questa vicenda: il tempo. Il primo passaggio, andata e ritorno, è stato fatto in sei minuti. Il secondo in dodici. Forza fisica, lucidità e velocità dunque. Forse troppo per un 19enne che aveva appena commesso un terribile omicidio. Un giovane parecchio esile e appena patentato.
CHI LO HA AIUTATO?
“Pietro e Roberta stavano sempre da soli, non frequentavano quasi nessuno in paese – ci racconta una giovane di Caccamo incontrata davanti alla chiesa della Santissima Annunziata -. Quindi non vedo a chi potrebbe essersi rivolto Pietro per farsi aiutare. Non credo proprio possa essere stato un amico a farlo: la prima ragione è che non ne aveva molti, la seconda è che nessuno, forse nemmeno un fratello, avrebbe potuto aiutarlo macchiandosi la coscienza con un reato così grave”.
COME È MORTA ROBERTA?
Sospetti che di certo stanno passando anche per la testa degli inquirenti che dovranno stabilire la causa e il luogo effettivo della morte di Roberta Siragusa. Una delle ipotesi è che la 17enne possa aver perso la vita in seguito ad un pugno ricevuto nei pressi della vecchia palestra del paese, ormai in disuso, e luogo frequentato dalle coppiette che desiderano appartarsi per consumare dei rapporti intimi. Solo successivamente, dopo essere stata bruciata in alcune parti del corpo, sarebbe stata trasportata al “belvedere” di Monte San Calogero e gettata nel dirupo. La ragazza, al momento del ritrovamento, aveva il volto tumefatto nella parte occipitale sinistra. Proprio quel profilo sinistro che chi è seduto sul lato passeggero di un’auto mostra al conducente. Ma la 17enne potrebbe anche essere morta per strangolamento. La verità la dirà l’autopsia, ma a Caccamo in tanti sono convinti che Roberta sia stata raggiunta da un pugno del fidanzato che, seduto sul sedile di guida, non avrebbe avuto difficoltà a colpirla violentemente con il dorso della mano destra. Un episodio simile era accaduto l’estate scorsa, a giugno: in una delle solite liti, i fidanzati sarebbero arrivati alle mani e Roberta Siragusa avrebbe rimediato un occhio nero.
LA BOTTIGLIA CON LA BENZINA
Si sospetta dunque un omicidio d’impeto, ma ci si domanda anche cosa ci facesse una bottiglia di benzina nell’auto del giovane. Serviva davvero per la vespa di Pietro? Se fosse vera la versione del ragazzo, ovvero che la fidanzata si sarebbe suicidata lanciandosi nel dirupo dopo essersi data fuoco, perché Pietro non ha chiamato subito i soccorsi? Perché ha detto alla mamma e al fratello di lei di aver riaccompagnato Roberta a casa alle due di notte? Perché ha inviato un messaggio whatsapp ad un amico, chiedendogli se avesse notizie della 17enne? Per quale motivo ha aspettato le nove e un quarto del mattino per presentarsi in caserma, addirittura in presenza di suo padre e di un avvocato, dicendo che era successa una cosa grave e portando i carabinieri sul luogo in cui si trovava il corpo ormai defunto della fidanzata? Come mai Pietro Morreale ha detto tutte queste bugie?
COLPEVOLE
Intanto, per la stragrande maggioranza dei suoi compaesani, Pietro è colpevole. Soprattutto per tanti suoi coetanei: “È un violento – ci dicono – un ragazzo con cui è difficile fare amicizia, uno che usa sostanze illegali per sballarsi, ripetente a scuola – l’istituto alberghiero – e morbosamente geloso di Roberta. L’ha uccisa lui – sentenziano – per colpa della sua ossessione. Poi qualcuno lo ha aiutato a disfarsi del cadavere. E non è difficile immaginare chi potrebbe essere stato… “.