Pari opportunità vicine a una svolta, in Italia, dopo l’approvazione delle proposte di legge relative alle modifiche al Codice, previsto nel decreto legislativo 198 del 2006.
La Camera dei Deputati ha dato il via libera all’unanimità al testo unificato, che comprende varie disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo.
La parola passa ora al Senato.
Il testo mira a incentivare la presenza femminile nel mercato del lavoro e a contrastare il divario di genere nelle retribuzioni.
Un divario che, come è noto, è strettamente legato alle disparità di genere nei redditi pensionistici.
Il testo, dunque, può diventare uno strumento importante per eliminare diseguaglianze e squilibri, grazie ad alcune misure specifiche.
Tra le più significative, figura l’istituzione di una certificazione della parità di genere con premialità.
Particolarmente significativa, anche l’estensione dell’obbligo di redazione del rapporto biennale relativo alla situazione del personale nelle aziende che impiegano più di cinquanta dipendenti.
Previsti inoltre incentivi alle assunzioni, agevolazioni fiscali e interventi diretti a favorire la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro.
Nel dettaglio, il testo unifica proposte di legge che portano la firma di parlamentari appartenenti a schieramenti diversi.
Tra esse, Tiziana Ciprini (Movimento Cinque Stelle), Chiara Gribaudo e Laura Boldrini (PD), Silvia Benedetti e Gloria Vizzini (Gruppo Misto) e Mariastella Gelmini (Forza Italia).
Anche nell’isola si accende il dibattito in sede istituzionale sulle disparità di genere.
Dibattito che, però, è approdato sui banchi dell’ARS con finalità squisitamente politiche in tema di rappresentatività.
Al centro del confronto, la necessità di contrastare l’esiguità del numero di donne nella Giunta regionale.
Anche in questo caso, la richiesta di una norma per introdurre la doppia preferenza di genere in Sicilia è trasversale e invocata da parti politiche diverse.
Tutti gli schieramenti, infatti, concordano sulla necessità di riequilibrare le situazioni di disparità tra i sessi in atto sia in parlamento che nell’esecutivo.
A oggi, la Sicilia è una delle poche Regioni italiane a non avere pienamente recepito la legge 20 del 2016: quella, in sintesi, che regola la rappresentanza tra donne e uomini nei consigli regionali.
Le criticità siciliane in tema di presenze femminili nelle istituzioni sono emerse con forza all’inizio del 2021.
Opinione pubblica, associazionismo e partiti dell’opposizione avevano stigmatizzato l’assenza di donne nella Giunta Musumeci, a seguito della fuoriuscita di Bernadette Grasso, esponente di Forza Italia.
Al momento, la sola presenza femminile nell’esecutivo è quella di Daniela Baglieri, che ha sostituito Alberto Pierobon ,titolare dell’Energia e dei Rifiuti.
L’approssimarsi di scadenze elettorali – prime fra tutte, proprio il rinnovo dell’ARS e la scelta del nuovo sindaco di Palermo – in concomitanza con le recenti elezioni amministrative nell’isola, ha riaccesso il confronto.
In cima all’agenda politica, ora, c’è proprio la modifica della legge elettorale regionale.
Lo scorso giugno Sala d’Ercole ha dato il via libera unanime alla normativa che prevede che un terzo del Governo regionale debba essere costituto da donne.
Attualmente, su settanta deputati regionali, soltanto diciotto sono donne .
Nel mese di luglio la Commissione Affari Istituzionali dell’ARS ha discusso iquattro DDL presentati da più forze politiche sulla modifica della legge regionale del 20 marzo 1951.
A fine seduta la Commissione ha deciso la fusione dei disegni in un unico testo.