Sicilia, rivoluzione nei beni culturali con il decreto “Carta di Catania”

La Sala Pinacoteca del Museo Diocesano di Catania

Novità all’orizzonte per i beni culturali della Regione Siciliana custoditi – e dimenticati – nei depositi che ora, grazie al decreto “Carta di Catania” firmato dall’assessore al ramo Alberto Samonà, diventeranno fruibili. Una valorizzazione che passerà sia attraverso l’esposizione in luoghi pubblici che privati aperti al pubblico. La “Carta di Catania” autorizza Soprintendenze, parchi archeologici, musei, gallerie e biblioteche a concedere in uso per la valorizzazione e la pubblica fruizione il cospicuo patrimonio in giacenza nei depositi.

LE DICHIARAZIONI DI ALBERTO SAMONÀ

“Un intervento rivoluzionario – sottolinea con soddisfazione l’assessore Alberto Samonà – grazie al quale migliaia di beni culturali, spesso non inventariati e conservati nei depositi dei musei e degli altri luoghi della cultura regionali, potranno essere finalmente esposti e fruiti da tutti”. “Il decreto che ho voluto fortemente – spiega – va ascritto all’impegno della soprintendente ai Beni Culturali di Catania Rosalba Panvini che ha svolto un’attività encomiabile curandone la redazione”. “La Carta- aggiunge – onora l’impegno assunto insieme al presidente Nello Musumeci di consentire una maggiore valorizzazione del cospicuo patrimonio regionale”.

LE RACCOLTE DI URZÌ E NICOLOSI

La soprintendente Rosalba Panvini ha già aperto i caveau della Regione per esporre nella Sala Pinacoteca del Museo Diocesano di Catania le notevoli raccolte dei monsignori Salvatore Urzì e Salvatore Nicolosi, entrambi catanesi, collezionisti di oggetti d’arte per passione.

Un patrimonio che, prima di morire, i due ecclesiastici hanno lasciato in eredità all’Arcidiocesi di Catania per non disperdere i reperti, destinandoli alla fruizione collettiva a testimonianza della storia del passato.

I CONTENUTI DELLA CARTA

I beni a cui si fa riferimento nel decreto, sono quelli acquisiti per confisca, donati o consegnati spontaneamente, ma anche quelli di più vecchia acquisizione per i quali sia stata smarrita la documentazione e, in generale, quelli deprivati di ogni riferimento al loro contesto di appartenenza.

Con la “Carta di Catania” si ottiene, finalmente, una deroga al decreto n. 1771 del 2013 che regolamenta l’uscita dal territorio della Regione Siciliana dei beni culturali che fanno parte delle collezioni di musei, pinacoteche, gallerie, archivi e biblioteche.

La concessione in uso di beni culturali in giacenza nei depositi, sarà subordinata al pagamento di un corrispettivo che potrà avvenire, oltre che in denaro, anche attraverso la fornitura di beni e servizi destinati al patrimonio oggetto della concessione, o in favore di altri beni in giacenza nel medesimo deposito di provenienza o, ancora più in generale, attraverso azioni che mirano a proteggere e valorizzare il patrimonio regionale quali restauro, analisi archeometriche, catalogazione, pubblicazione e marketing.

Altre modalità previste potranno essere la fornitura di beni, servizi, infrastrutture o migliorie in favore del deposito di provenienza dei beni, misure da concordarsi di volta in volta con l’Istituto interessato.

Sarà quindi predisposto lo schema unico di bando pubblico che dovrà stabilire i criteri per la concessione in uso.

Quest’ultima potrà avere una durata compresa tra i due e i sette anni, prorogabile una sola volta.

Alle Soprintendenze dei Beni Culturali competenti per territorio, il ruolo dell’alta sorveglianza dei beni culturali stessi affidati in uso.

I RISVOLTI OCCUPAZIONALI DELLA “CARTA DI CATANIA”

La Carta di Catania offre nuove opportunità ai giovani professionisti chiamati a lavorare da esterni a fianco dell’amministrazione e dei privati. Il loro impegno riguarda l’attuazione dei progetti di concessione in uso dei beni richiesti alla luce dell’innovazione nella complessiva gestione e valorizzazione dei beni culturali cosiddetti “minori”, che la Carta racchiude.

Gli Istituti periferici della Regione Siciliana dovranno ora provvedere alla formazione degli elenchi di beni, suddivisi per lotti omogenei in relazione alle caratteristiche storico-culturali o tipologiche.

Per tale attività si potrà anche fare ricorso a studenti universitari in discipline connesse alla conservazione dei beni culturali che opereranno in regime di tirocinio formativo.