C’era una volta un tempo scandito da giornate normali, con un loro ritmo, dettato prevalentemente dall’orario scolastico per i giovanissimi e dal lavoro in ufficio per gli adulti. Poi, all’incirca un anno fa, arrivò la pandemia da Covid-19 e con essa il totale stravolgimento delle vite di ognuno. Stravolgimento spesso accompagnato da un grande carico di pressione psicologica. Perchè riorganizzarsi ciò comporta. Adattamento? Resistenza? Sopportazione? No, piuttosto resilienza. Una parola da sempre esistita ma che, con lo scoppio dell’ emergenza coronavirus è praticamente divenuta abituale. Oggi, chi è rimasto a casa forzatamente causa chiusura delle attività, e non percepisce neanche la cassa integrazione, comincia a sentirsi schiacciato.
Fare fronte alle difficoltà senza alienare la propria identità, rimanere positivi al cospetto di un evento traumatico. Tutto assolutamente giusto, se non fosse che, senza la possibilità di guadagnarsi il pane ogni discorso è destinato a divenire relativo. E’ il caso di tanti lavoratori, gente impiegata presso le ditte dei più disparati settori merceologici. E se in loro aiuto sarebbe dovuta arrivare la cassa integrazione, ciò, ascoltando le testimonianze di chi è stato raggiunto da PalermoLive, non è in realtà avvenuto. A farsi portavoce di un malessere che coinvolge la stragrande maggioranza dei lavoratori, in questo caso del capoluogo siciliano, sono tre dipendenti.
“Ci sentiamo abbandonati, a maggior ragione quando, parlando con il direttore della sala, ci viene risposto che di luce in fondo al tunnel non se ne vede. In questo momento, con i miei colleghi si vive di speranza, ma, si sa bene che non è quest’ultima a permettere di campare le famiglie”. A parlare è S.M, da anni impiegato in una delle diverse sale Bingo presenti a Palermo. “Il nostro è un settore fortemente penalizzato. Basti pensare che in Sardegna, unica zona bianca d’Italia, tutte le attività sono riaperte tranne le sale gioco. In tal senso, fa male dovere constatare che chi è preposto a prendere decisioni riguardanti il nostro settore, non fa altro che cavalcare l’onda della pandemia. Come se le sale Bingo fossero la causa di tutti i mali. Che poi, riflettendo, tutto ciò non è che il più incoerente degli atteggiamenti, se si considera che il Bingo è un monopolio di Stato nato per combattere il fenomeno della ludopatia anzichè incoraggiarlo. Senza contare il fatto degli adeguamenti anti contagio approntati dai titolari della sala dove lavoro. Tra distanziamenti di tavoli, di slot machine e importante dotazione di dispositivi sanitari, un locale come il nostro si presenta molto più sicuro di qualsiasi ristorante. Eppure, tra delivery e decreti ristoro, a questi ultimi è stato concesso di tirare avanti.
Riguardo la cassa integrazione, S.M spiega. “Lo scorso anno, nel corso della prima ondata del Covid, l’abbiamo percepita dall’8 marzo al 15 di luglio. Poi, causa riduzione dell’orario di lavoro siamo rientrati in cassa integrazione intorno al 25 ottobre. Anche se, qualcuno del settore è stato costretto a mettere in cassa integrazione persone addirittura 15 giorni prima della chiusura. Personalmente sono in cassa integrazione dal 25 di ottobre. Bisogna altresì precisare che percepirla non consiste nel ricevere l’80% effettivo dello stipendio, dal momento che viene calcolata sulla base lorda della paga sindacale. E poi sono diverse le voci che non vengono neanche considerate. Può infatti capitare di perdere gli assegni familiari, i notturni e i vari straordinari che, come lascio immaginare, in una busta paga hanno il loro peso.”
S.M parla poi dei pesanti risvolti psicologici che può causare una forzata, ma soprattutto prolungata assenza dal lavoro. “Conosco colleghi che stanno vivendo davvero male la nuova condizione di vita imposta dalla pandemia. Gente arrivata al limite della sopportazione, davvero vicina all’esaurimento. Il nostro è un lavoro basato sui contatti umani, dai ritmi sì spesso sostenuti, ma che, una volta fatta l’abitudine diventano irrinunciabili. Molti hanno vissuto il primo lockdown quasi come fosse una novità, certo non piacevole, ma da registrare come una delle tante esperienze di vità. Oggi che le cose vanno per lunghe, e non si sa cosa ci riserverà il futuro, ciò che monta è l’inquietudine. Soprattutto in chi, consentitemelo, è padre di una famiglia numerosa come il sottoscritto.”
Raggiunto da Palermo Live, a fornire la sua testimonianza è M.Z. “Il momento è quello che è, e bisogna stringere i denti più che si può. Non c’è altro da fare. Chi è più fortunato può contare sull’aiuto dei genitori, oltre a cercare di economizzare il più possibile. Nel nostro caso avanziamo diversi mesi: dicembre, gennaio, febbraio e marzo che è quasi arrivato a metà. Ma ad oggi non c’è traccia di nessun tipo di pagamenti. Per una famiglia che vive esclusivamente di stipendio, reduce da un periodo critico a prescindere dalla pandemia, si può ben immaginare in che contesto mentale si affrontano le giornate. La nostra ragioniera ha contattato l’Inps, ma fino ad ora ciò che abbiamo ricevuto sono soltanto notizie frammentarie. L’unica certezza è che di questo passo non si può continuare per molto tempo ancora.”
Anch’esso pesantemente colpito, rispetto ad altri, il settore della ristorazione ha tuttavia potuto, seppure a singhiozzo e con pesanti limitazioni andare avanti. Raggiunto da PalermoLive, è il signor D.M a parlarci di come stanno vivendo questo periodo gli impiegati di Spinnato, punto di riferimento nella panificazione e nelle caffetterie del capoluogo siciliano. ” Devo dire che la famiglia Spinnato sin dalla prima ondata si è subito premurata nel fare richiesta di cassa integrazione oltre a pagarci puntualmente gli assegni familiari e le altre spettanze come il bonus Renzi.” Ma, anche in questo caso tutto cambia quando si parla di cassa integrazione. “Lo stipendio è decurtato del 20/25%, cosa non ideale soprattutto per chi ha degli impegni quali mutui, rate o affitti da pagare. Se a ciò si aggiungono i ritardi nel percepirla si capisce che non è semplice andare avanti in tutta tranquillità. Nel mio caso, l’ultima cassa integrazione, quella di dicembre l’ho percepita da poco“.
D.M fa poi riferimento al modo tutt’altro che impeccabile con cui il Governo ha organizzato gli aiuti alle persone. “Ad esempio, riguardo i buoni spesa, credo che sarebbe stato giusto riconoscerli anche a coloro che stanno in cassa integrazione. Ma nel bando, molti enti locali non hanno specificato in maniera chiara che questa possibilità era concessa. Il risultato è stato che chi non aveva percepito la cassa integrazione è rimasto escluso. Quasi che giocare sull’equivoco fosse stato studiato a tavolino”.