Codici identificativi per agenti di Polizia, Lamorgese: “No, ci sono già le telecamere sui caschi”
Lamorgese dice “no” ai codici identificativi sui caschi e le divise degli agenti di Polizia
La ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha respinto la richiesta affinché gli agenti in servizio di ordine pubblico siano dotati di codici identificativi, per essere identificati in caso di abusi e violenze. E giustifica le cariche della polizia sugli studenti. “Sono già in essere le telecamere sui caschi delle forze di polizia che servono a documentare le azioni proprio per la massima trasparenza e questo serve a tutti, a chi manifesta, ma anche alle forze di polizia. Siamo in questa fase ora, non mi sposterei“. Così Lamorgese.
Insomma, niente da fare anche questa volta. Dei codici identificativi si discute da molti anni, anche in relazione a quello che accade negli altri Paesi europei. Anche questa volta, però, il dibattito viene stroncato sul nascere.
Per quanto riguarda le cariche della polizia sugli studenti la ministra afferma che “C‘è stato un cortocircuito il 28 gennaio, in cui ci sono state cariche della Polizia”, e manda un invito alle forze dell’ordine stesse ad “avere la massima attenzione”.
MISURA GIA’ IN VIGORE IN ALTRI PAESI
Nella maggior parte degli stati membri dell’Unione europea identificare gli agenti di polizia che si occupano di ordine pubblico è infatti già una regola diffusa. Secondo Amnesty viene applicata in 20 Paesi tra cui Francia, Spagna, Polonia, Portogallo, Grecia; Finlandia e Danimarca, mentre in Germania l’obbligo è in vigore in 9 lander su 16.
In Italia, invece, si discute da anni dell’ipotesi di dotare le forze dell’ordine di un codice identificativo personale. Nel dettaglio casco e divise delle Forze di polizia – secondo il testo ufficiale – dovrebbe avere un numero identificativo riconoscibile anche fino a 15 metri di distanza e in condizioni di scarsa luminosità.