Oggi 3 giugno, come ogni tre di ogni mese, a Trevignano Romano si ripeterà la solita messa in scena: la recita del rosario dei seguaci della “santona” fino a quando lei non arriverà, scortata dai bodyguard. E poi, intorno alle 15, arriverà il fantomatico “messaggio mariano” che la signora avrà cura di appuntare su un pezzo di carta e comunicarlo ai suoi fedeli.
Intanto per Gisella Cardia la situazione si sta facendo sempre più tesa, dopo che il Comune ha iniziato ordinare la demolizione del “santuario” ed il vescovo ha chiesto ai fedeli di non partecipare a questi incontri di preghiera. Almeno fino a quando la commissione non avrà terminato le verifiche sui presunti miracoli e apparizioni. E, ancora, la Procura indaga sulle donazioni e presunti reati che avrebbero portato alcuni seguaci a sborsare diverse migliaia di euro, talvolta centinaia di migliaia.
Il terreno del parco dove si trova il “santuario” è pieno di vincoli ambientali e ricade infatti nell’area naturale protetta. Per poter mettere i paletti in legno e la rete metallica per delimitare l’area di “preghiera”, la onlus presieduta da Gianni Cardia, marito della “santona”, ha richiesto un’autorizzazione nel 2019 che proprio dall’ente parco le hanno concesso perché non pensavano sarebbe servita per delimitare un luogo di raduno per pseudo apparizioni sovrannaturali. Bensì per tutelare un campo da eventuali invasioni di cinghiali e dove, tra l’altro, dovevano essere piantati alberi ed essenze.
Di fatti l’unica vocazione di quell’area può essere agricola, non si può cementificare, installare arredi ancorati a terra. Invece sono adesso installati, a partire dalla teca con la Madonna, le palizzate, le panche, il crocifisso e le altre opere per cui il comune di Trevignano ha emesso ordinanza di demolizione, impugnata poi davanti al Tar dalla Onlus di Gianni Cardia. Finora l’associazione che raccoglie le donazioni per la Madonna di Trevignano e gestisce il campo ha demolito soltanto un gazebo in legno ma poi è iniziato il braccio di ferro di fronte al tribunale amministrativo che nei prossimi giorni dovrà decidere se di fatto la “veggente” dovrà sbaraccare tutto l’ambaradan allestito per gli incontri mensili con i suoi seguaci.
Intanto quindi gli iter burocratici vanno avanti: il 31 maggio è stata notificata alla onlus la comunicazione di avvio del procedimento per l’annullamento in autotutela del nullaosta rilasciato dal Parco il 9 dicembre del 2019 per la realizzazione di «una recinzione in pali di castagno e rete metallica e la piantumazione di essenze arboree ed arbustive.
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