«Per il governo della città – dichiara Rita Barbera, candidata a sindaco di Palermo – serve proporre soluzioni alle ataviche emergenze che l’attuale amministrazione ci lascia in dote e, soprattutto, idee per la pianificazione del suo futuro che permettano di trasformare Palermo in una città vivibile e lontana dai conflitti che la stanno, giorno dopo giorno, distruggendo. Le promesse e i libri dei sogni hanno fatto il loro tempo anche se, appare evidente, Lagalla e Miceli basano solo su questo la propria linea programmatica. Promesse che servono esclusivamente a tentare di fare breccia sui cittadini più fragili cui mancano i servizi essenziali e di cui sconoscono o disconoscono i reali bisogni e le legittime aspettative.
Dopo mesi passati a scegliere il proprio candidato, nonostante fosse noto da anni che si sarebbe dovuto eleggere un nuovo Sindaco, anche a fronte di faide interne – procede Barbera – questa è la massima espressione che il centrosinistra e il centrodestra ha saputo esprimere. Candidati che incarnano il vecchio concetto di politica legato alle logiche clientelari e alle false promesse, loro filo conduttore e sbandierate quotidianamente con slogan improbabili. Candidati che vivono in mondi lontani dalla realtà senza sapere cosa sia la Palermo dei palermitani. Dimenticando tutti quelli che sopravvivono nella povertà e nel disagio sociale, spesso creato dall’amministrazione uscente e dalla sua incapacità di governo.
«La promessa di Miceli relativa a un nuovo stadio di calcio – continua la candidata Sindaco – dà il segnale che anziché usare la manutenzione come arma strategica, sia sufficiente riempire la città di nuovi immobili da inaugurare e abbandonare poi a sé stessi. Mentre quella di Lagalla di abbassare le tasse, che evoca quelle populiste di berlusconiana memoria, dimostra come nulla sia cambiato. E che entrambi continuano a pensare che l’elettorato non meriti una Palermo migliore di quella attuale. È il momento di parlare di programma e di contenuti concreti – conclude -. Non di contenitori vuoti cui si è messo un nastro colorato per abbindolare l’elettorato».