Covid, morto infermiere vaccinato con doppia dose: “Si apra inchiesta”

Sulla vicenda è intervenuto il sindacato Nursing Up, chiedendo ulteriori approfondimenti e direttive che salvaguardino il personale sanitario

infermiere

Gabriele Napolitano, infermiere di 63 anni da poco in pensione, si è spento all’ospedale di Sassari, dove era ricoverato a causa del Covid-19. L’uomo, in pensione da due mesi, aveva prestato servizio all’ospedale Cotugno di Napoli; si trovava in Sardegna in vacanza insieme alla sua famiglia.

Quando era stato possibile vaccinarsi, non ci aveva pensato due volte; aveva ricevuto la prima dose di Pfizer il 27 dicembre e il mese dopo la seconda. “Non perchè era stato obbligato ma perché ci credeva davvero”, spiega la nipote. La sua vicenda riapre il dibattito sulla terza dose, dal momento che l’inoculazione avvenuta non ha purtroppo impedito la morte dell’infermiere.

Il ricordo del figlio

“Ormai te ne sei andato, una persona come te cordiale gentile sempre disponibile verso tutti innamorato della vita e della tua famiglia; questo coronavirus ti ha portato via da noi nel modo più straziante che una persona potesse immaginare, sei stato il nostro Faro su cui tutti noi potevamo contare”. Così scrive il figlio Gianluca Napolitano su Facebook.

“Hai lasciato un vuoto incolmabile in ognuno di noi. Infatti io ti devo sempre ringraziare per tutti gli insegnamenti che mi hai dato per la tenacia e la caparbietà che hai avuto nei miei confronti per farmi diventare quello che ora sono; oltre ad un padre ho perso un amico che riusciva sempre a consigliarmi cose giuste. Con il tempo capisco che sono stato fortunato ad essere tuo figlio. Avrei voglia di parlare un po’ con te di tante cose , ma so che non mi è più possibile. Ti voglio ricordare così, felice in famiglia al fianco dell’unica donna che hai mai amato, RIPOSA IN PACE”.

La nota di Nursing Up

Interviene sulla vicenda anche il presidente di Nursing UpAntonio De Palma.  “Come sindacato che ogni giorno lotta fianco a fianco degli operatori sanitari, fatti gravissimi come questo ci chiedono a gran voce di far luce su ciò che accade”, si legge in una lunga lettera.

“Sentir dire che era tutto previsto, liquidare la vicenda come qualcosa di meramente programmato, di tristemente sfortunato, ci fa indignare non poco. Non solo è morto un infermiere, ma è sotto gli occhi di tutti, a 18 mesi dall’inizio dell’emergenza e nonostante la tanto decantata campagna vaccinale, che il rischio di decessi per chi è già stato vaccinato con due dosi, non è certo inesistente”. 

“Ci dicano, subito – prosegue De Palma – i rappresentanti della politica ai vari livelli di responsabilità, coloro che gestiscono nella quotidianità questo sistema sanitario, dal Governo alle Regioni, quale strada intendono adottare per tutelare chi, infermieri, medici e gli altri professionisti sanitari, ogni giorno continuano a rischiare la vita a contatto con i pazienti”.

“Si apra un’inchiesta”

“Si apra ufficialmente una inchiesta su questo decesso: si faccia una analisi approfondita della reale efficacia del vaccino rispetto alle varianti e alle conseguenze in caso di re-infezione”, chiede il sindacato. “In questa pandemia gli infermieri hanno già dato tanto, in termini di vite umane e di contagi. La maggior parte degli operatori sanitari italiani ha accettato di vaccinarsi senza batter ciglio. Consapevoli a pieno delle loro responsabilità nei confronti dei malati. E come la mettiamo se in questo caso l’infermiere deceduto fosse stato uno di quei colleghi obbligati a vaccinarsi ma che non aveva scelto di sottoporsi spontaneamente a questo tipo di immunizzazione? Ci dica ora, il Ministro della Salute, quali parole andrebbero espresse nei confronti della famiglia di quest’uomo e nei confronti dei familiari, dei figli, di tutti coloro che, seppur vaccinati, rischiano a questo punto ogni giorno di re-infettarsi e di rischiare la propria vita. Il Governo, le Regioni, ovvero i nostri datori di lavoro, sono obbligati a trovare le strade più idonee ed efficaci per tutelare la nostra salute, la salute dei dipendenti del SSN, di coloro che combattono per la vita dei pazienti”.

L’infermiere era in pensione, ma De Palma chiede: “Cosa sarebbe successo se l’infermiere fosse stato ancora in servizio? Quanti colleghi avrebbe contagiato e quanti pazienti avrebbero rischiato? Non possiamo ignorare tutto questo solo perchè l’uomo non frequentava più la realtà ospedaliera”.

“Decidano e decidano in fretta”

“Il nostro Ministro della Salute ci dica, prima possibile: come si intende agire con quegli operatori sanitari già vaccinati nei mesi di gennaio e febbraio, e quindi da più di 6 mesi?”, conclude De Palma. “Le dosi di vaccino a cui si sono sottoposti, secondo le indicazioni dell’Oms, sono o non sono sufficienti a garantire una idonea copertura? La nostra Federazione, portavoce delle nostre istanze, intervenga per fare chiarezza”.

“Insomma, se chi è stato vaccinato di recente rischia la vita con un nuovo contagio, cosa bisogna pensare di quei colleghi che hanno ricevuto somministrazioni da più di 6 mesi e che potrebbero già aver visto diminuire il proprio livello di immunità nei confronti del virus? Decidano e decidano in fretta in merito alla terza dose, perchè gli infermieri esposti nelle realtà degli ospedali italiani non possono certo attendere”.