“Divulgateci e decretateci tutti”: 113 mila like per “le bimbe di Conte”

Giuseppe: il sole che brilla tutti i giorni e tutte le sere, dispensando sorrisi e DPCM

Conte

Abbiamo rischiato grosso, con questa crisi. No, niente a che vedere con i guai dell’economia, i debiti con l’Europa o i ritardi nei vaccini e nemmeno coi rapporti con le superpotenze.
No, con una sfiducia al governo, avremmo lasciato migliaia di “orfanelle”, ovvero le fan del presidente del consiglio Giuseppe Conte private del loro idolo.
Sono centinaia di migliaia, almeno. Sono, si fanno chiamare o le chiamano, “le bimbe di Conte”, più raramente “contine”. Ben centododici mila sono le iscritte alla pagina facebook Le bimbe di Giuseppe Conte.

Segno dei tempi, nei la scena politica è diventato un palco da spettacolo o, meglio, da avanspettacolo, da commedia dell’arte, con tante maschere e figuranti, guitti e comparse che recitano a soggetto sulla base di un canovaccio che, mutatis mutandis, resta sempre lo stesso.
Mai, però, si era visto un politico diventare una pop star, come un divo di Hollywood o una stella del rock. Forse non avrà lo spessore di un Macron o di una Merkel, ma neppure loro possono vantare fanpage da centomila e passa follower. Ce ne sono diverse: Le bimbe di Conte (senza Giuseppe), le contesse di Conte e via dicendo, in un profluvio di immagini, citazioni, meme e chi più ne ha più ne metta, all’insegna di passione, fantasia e ironia.

CONTE: IL SOLE CHE BRILLA TUTTI I GIORNI E TUTTE LE SERE

Giuseppe Conte segna un momento di rottura nell’estetica della politica. Il più amato dalle italiane, tranne forse partite iva e ristoratrici. Piace a tutte, ha oscurato persino la stella di Alberto Angela. Se il divulgatore tv appare con periodicità, come una cometa che illumina il cielo e scompare per periodi più o meno lunghi, Giuseppe è il sole che brilla tutti i giorni e tutte le sere, dispensando sorrisi e DPCM.
E le sue bimbe si sciolgono, come davanti a, chesso’, un Brad Pitt o ai BTS, la band dei record del detestabile e vacuo K-pop, il pop coreano da milioni di views su YouTube. Giuseppe Conte ammalia, strega, conquista. È l’equivalente maschile di Diletta Leotta. Si dice che un suo partito, alle eventuali elezioni, potrebbe ambire al 16-17%. Per farne cosa, non si sa.

Sarà quel ciuffo galeotto, sarà l’aplomb da professore, di quelli giovanili e alla mano che fanno innamorare le allieve, sarà il suo stile democratico del leader che si fa avvicinare e toccare dai cittadini e, meglio dalle cittadine, che si presta per un selfie. Sarà quella voce da asmatico, con quel timbro roco che scartavetra l’anima delle italiane provocando brividi di piacere quando l’ascoltano. Sarà quel che si vuole, ma Conte acchiappa. Il fenomeno Giuseppe Conte ha scomodato analisi politologiche e sociologiche serie. La personalizzazione della politica portata agli estremi. L’immagine, prima o a prescindere dai contenuti.

SE C’E’ CONTE IN TV, LO SHARE E’ ASSICURATO

Se con Berlusconi, iniziò l’identificazione dei partiti coi loro leader, partiti che restavano riconoscibili comunque per un profilo programmatico se non più ideologico, e per chiare scelte di campo, con Conte si è andati oltre: la persona ha prevalso su idee, progetti, schieramenti; cambiano le maggioranze, ma non il premier, perché lui è Giuseppe Conte, non si scherza. Non importa quel che dice, per quante settimane ci terrà a casa, quanti ritardi possano esserci nei rimborsi per le categorie danneggiate dal lockdown o nell’approvvigionamento di mascherine o vaccini: c’è Conte in tv, lo share è assicurato.
È rimasto in sella, nonostante il tentativo di disarcionarlo di Matteo Renzi. È naturale, per questo novello san Giorgio che in groppa al suo destriero combatte il drago del covid con la lancia; le “vipere” del trasformismo le schiaccia come fossero bisce.
E le bimbe di Conte festeggiano, potranno continuare a crogiolarsi sotto quel sole che illuminerà le nostre serate a reti unificate.
Nel nutrito marketing della pagina, oltre a tazze e altri gadget, leggo che è pronta anche una maglietta per celebrare lo scampato pericolo.
Ci sarebbe da sorridere, se non ci fosse da piangere per come è ridotta la politica italiana. Non certo per colpa di Conte. Lui, non la sua persona, ma le dinamiche politiche che ne hanno determinato la nomina e poi la conferma attraverso le crisi e i cambiamenti di maggioranze, è una conseguenza della decadenza, non certamente la causa. Anzi, è un simbolo di stabilità, in un contesto ballerino e traballante. Finché dura.