Nuovo Dpcm: le limitazioni ai matrimoni fatali per interi comparti lavorativi

Il settore wedding, al quale afferiscono aziende di catering, wedding planner, fotografi, musicisti, fioristi e chi confeziona abita da cerimonia, a causa delle misure adottate con l’ultimo Dpcm, dalla mezzanotte di oggi rischia di collassare

Un settore che, a livello nazionale, conta 50mila tra imprese e partite iva, più  oltre 300mila dipendenti tra impiegati stabili e stagionali. È quello del wedding, al quale afferiscono aziende di catering, wedding planner, fotografi, musicisti, fioristi e chi confeziona abita da cerimonia,  che, a causa delle misure adottate con l’ultimo Dpcm, dalla mezzanotte di oggi rischia di collassare dal momento che “i matrimoni potranno essere svolti con la sola presenza dei soggetti che devono intervenire secondo le norme dello stato Civile alla celebrazione e con non più di dieci invitati”.

A raccogliere le preoccupazioni degli operatori del settore è la Federmep con una lettera inviata ai Presidenti delle competenti commissioni in Parlamento e Senato.

SI FACCIA IL POSSIBILE PER SALVAGUARDARE TANTI LAVORATORI CHE GRAVITANO ATTORNO AL WEDDING

 «Quello che accadrà nel prossimo fine settimana – afferma la presidente, Serena Ranieri – sarà qualcosa di inimmaginabile. Rischiano di saltare oltre cinquemila cerimonie, tra matrimoni, comunioni e battesimi, molti dei quali dovevano essere già celebrati in Primavera. Danni su danni  non solo per noi, addetti ai lavori. Centinaia di migliaia di euro di prodotti deteriorabili che saranno gettati in quanto acquistati per l’occasione e non più utilizzabili. Comprendiamo le ragioni di carattere sanitario, ma il governo non può non tenere in considerazione l’impatto economico e sociale di decisioni prese l’oggi per il domani. Chiediamo, infatti, una deroga per gli eventi programmati, prevedendo rigidi controlli da parte delle autorità competenti e ristori per le cerimonie che saranno annullate, così come ha richiesto il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, a nome della Conferenza delle Regioni».

Attorno al mondo dei matrimoni e delle cerimonie in generale orbitano tante figure professionali che, a causa delle nuove limitazioni dell’ultimo Dcpm rischiano di non potere piu’ lavorare. 

Se, poi, consideriamo che da marzo sono stati cancellati circa 65mila matrimoni e circa 200mila eventi di altra natura, si può ben comprendere quante e quali erano la attese rispetto alla prevista ripresa a partire dall’autunno.

UNA PERDITA DA 20 MILIARDI SENZA CONTARE L’INDOTTO

«La perdita per il settore  – aggiunge il vicepresidente di Federmep, Pasquale Mazzei – ammonta a circa 20 miliardi, senza contare l’indotto. Oltre al mancato guadagno e alle perdite dirette per le cerimonie dei prossimi giorni, c’è un altro aspetto di cui tener conto: siamo, infatti, inondati di richieste disperate da parte degli sposi e delle famiglie che avevano in programma cerimonie e feste. Stiamo parlando di eventi in location di grandi dimensioni, tali da garantire il distanziamento. Noi non abbiamo problema che vengano inaspriti i controlli, ma non facciano cadere la scure sul collo di migliaia di persone e delle nostre imprese».

Una situazione che va affrontata immediatamente, prospettando anche un tavolo tecnico tra tutti le organizzazioni e gli operatori del settore.

NON ABBANDONATECI

«A parte i CinqueStelle – conclude la presidente di Federmep – ci hanno ascoltati tutti, ma nessuno ci ha dato risposta. Questa era  l’ultima boccata d’ossigeno rimasta, ma sembra che non interessi nessuno. Quel che è paradossale è che, mentre anche le famiglie dovranno fare i conti con danni non indifferenti, avendo per esempio dato anche lauti anticipi che purtroppo non verranno rimborsati, i mezzi del trasporto pubblico locale continuano a essere affollati, fuori dalle scuole i capannelli di genitori e studenti sono la regola, i centri commerciali lavorano a pieno regime. Gli untori saremmo, quindi, noi?  Lanciamo l’ultimo appello al governo, alle istituzioni locali e a tutta la politica: ascoltateci prima che sia troppo tardi».

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