Femminicidio Acitrezza, il padre di Vanessa: “Sciuto ci spiava col Gps”

Un rapporto malato terminato nel peggiore dei modi: il racconto di Carmelo Zappalà, padre di Vanessa, uccisa dall’ex denunciato per stalking

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Si è impiccato in un casolare nelle campagne di Trecastagni Antonino Sciuto, ex fidanzato di Vanessa Zappalà, vittima di femminicidio nella notte di domenica 22 agosto. La giovane stava passeggiando sul lungomare di Aci Trezza, nel Catanese, insieme ad un gruppo di amici, quando diversi colpi di arma da fuoco hanno messo fine alla sua esistenza.

Gli amici hanno subito additato Antonino Sciuto, ex fidanzato di Vanessa, da lei denunciato per stalking. Le ricerche delle forze dell’ordine si sono concluse col ritrovamento del suo cadavere.

“Aveva duplicato le chiavi e ci spiava”

“Quando dopo botte e parolacce mia figlia l’ha mollato, quando io gli ho tolto le chiavi di casa, ha cominciato ad appostarsi per ore sotto le finestre o davanti al panificio dove Vanessa lavorava“. Così racconta adesso Carmelo Zappalà, padre della giovane, in una intervista esclusiva al Corriere. L’uomo viveva da solo con la figlia, in seguito alla separazione dalla moglie; ed è stata proprio la ex compagna ad allertarlo nel cuore della notte con la tragica notizia.

La relazione tra Tony e Vanessa appare subito malata nel suo racconto. L’uomo, rivenditore di auto di San Giovanni La Punta, aveva due bambini da un precedente matrimonio. La convivenza con Vanessa era avvenuta in casa del padre di quest’ultima, ma i continui litigi avevano portato alla fine della storia. Si è arrivati poi alla denuncia: “Dopo la frattura di dicembre, dopo un inverno passato da Vanessa prigioniera in casa per paura di incontrarlo, dopo mille minacce, abbiamo dovuto mettere nero su bianco”, racconta l’uomo. “Abbiamo scoperto che con un duplicato delle chiavi la sera si intrufolava nel sottotetto di casa mia, una sorta di ripostiglio, e dalla canna del camino ascoltava le nostre chiacchiere“.

Tony non ha mollato la presa, però. I carabinieri hanno scoperto che attraverso dei Gps, delle scatolette nere piazzate sotto la auto di padre e figlia, continuava a controllarli. Si è proceduto all’arresto, i carabinieri hanno mostrato attenzione alla vicenda, ma qualcosa è andato storto. Oggi Vanessa, purtroppo, non c’è più.

La rabbia

“Trovano un pazzo di catena che spia dal camino o con i Gps, un violento che picchiava la ragazza, sempre coperta da foulard e mascariata di fard, e che fanno? Dopo una notte in caserma, il 7 giugno, un martedì, e una di interrogatorio, arriva il giudice e lo manda a casa con gli ‘arresti domiciliari'”, si dispera Carmelo Zappalà. “Inutili. Perché tre giorni dopo, il sabato, era il 13 giugno, ce lo ritroviamo tra i piedi, ma con un provvedimento altrettanto inutile: l’obbligo di non avvicinarsi a mia figlia per 200 metri. È questa l’Italia che vogliamo? Davvero pensano che da 200 metri non si possa fare male? Oppure che un pazzo come questo non possa armarsi e sparare da tre metri? Se lo consideravano malato dovevano rinchiuderlo in una comunità e curarlo. Non lasciarlo praticamente libero di fare tutto”.

Sono le parole addolorate di chi aveva anche creduto che quell’incubo fosse finito. Per due mesi infatti Tony non s’era più visto. “Si sarà placato, speravo. E forse nelle ultime settimane lo ha sperato anche Vanessa che, fino a prima di Ferragosto, continuava a vivere da reclusa, con il terrore di incrociarlo”.