Il terribile patto tra boss e spaccaossa: cala il sipario anche sull’ultima inchiesta

Come riportato da PalermoToday nell’articolo a firma Sandra Figliuolo, l’indagine riguarda il filone dei finti incidenti, con le vittime disposte a farsi rompere braccia e gambe per simulare ferite e truffare le assicurazioni.


Cala il sipario sull’incredibile vicenda che ha scosso Palermo, ovvero quella legata alla maxitruffa alle compagnie assicurative messa a segno con finti incidenti stradali. A turbare più di ogni altro dettaglio sono le vittime, consenzienti e disposte a farsi rompere braccia e gambe per simulare le ferite in cambio di poche centinaia di euro. Come riportato da PalermoToday, nell’articolo firmato da Sandra Figliuolo, a chiudere la vicenda anche sull’ultima delle 5 inchieste è stata la Procura. A fare la parte del leone, manco a dirlo, la mafia, nella fattispecie quella riconducibile al clan di Brancaccio, con le forze dell’ordine che, il 19 novembre, avevano eseguito 9 arresti, anche se a rischiare il processo in 13. 

Storia dai contorni raccapriccianti, degna di un film horror, visto che tra le pratiche legate ai finti incidenti che sarebbero finite in mano al clan di Brancaccio, vi sarebbero state pure quelle legate ad un bambino e a una donna incinta che, proprio in seguito alla messa in scena, avrebbe poi perso il figlio che portava in grembo. Cinismo e crudeltà assolute, figlie di uno spaccato della società palermitana in cui imperano ignoranza e assenza assoluta di valori.  

A firmare l’avviso di conclusione delle indagini, il procuratore aggiunto Salvatore De Luca e il sostituto Daniele Sansone, con le notifiche che hanno raggiunto i boss Michele e Stefano Marino, Antonino Chiappara, Raffaele Costa, Nicolò Giustiniani, Ignazio Ficarotta, Sebastiano Giordano, Angelo Mangano e Pietro Di Paola. Coinvolto in un secondo momento anche Salvatore Puntaloro, Paolo Rovetto, Giuseppe Chiappara, e Paolo Di Carlo. Gli indagati sono difesi, tra gli altri, dagli avvocati Riccardo Bellotta, Giuseppe Farina ed Antonio Turrisi.

Secondo l’inchiesta, ad acquistare alcune pratiche relative a finti incidenti, in modo da mettere le mani sui consistenti premi concessi dalle assicurazione sono stati i boss Marino, che si sarebbero occupati anche di droga appoggiandosi a Giustiniani.  Questi, formalmente nullatenente, tanto da percepire il reddito di cittadinanza, secondo gli inquirenti avrebbe messo su in pochi mesi una villa lussuosa a Ficarazzi, con 5 camere, 2 bagni, cucina in muratura, piscina, idromassaggio, marmi, camino e televisore da 62 pollici. Giustiniani non sarebbe stato l’unico però a percepire il reddito di cittadinanza: lo stesso Stefano Marino avrebbe ricevuto 500 euro al mese, Ficarotta 600, Di Paola 700 e Mangano addirittura 1.330.

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