In Russia chiudono tutti: anche Coca Cola, Cartier, Dior, Gucci e McDonald’s

In Russia nel giro di poche ore i grandi gruppi del lusso globale, della ristorazione e delle auto hanno condiviso la stessa decisione: sospensione a tempo indeterminato

La guerra in Ucraina sta costando cara alla Russia. Oltre ai grossi guai finanziari che possono portarla al default, c’è da mettere nel conto la fuga dei grandi marchi europei ed americani che hanno sospeso l’attività o hanno annunciato di lasciare il paese. Il Gruppo LVMH quello di Louis Vuitton, Moët, Hennessy ha chiuso 124 negozi in Russia per protestare contro l’invasione dell’Ucraina. Questo colosso del lusso francese da solo controlla 70 marchi del calibro di Dior, Louis Vuitton, Celine e Givenchy. Ha comunque dichiarato che i 3500 dipendenti continueranno a ricevere lo stipendio, ma le vendite sono sospese fino a data da destinarsi. Stessa decisione da parte del Gruppo Kering che ha in portafoglio marchi come Gucci, Saint Laurent, Alexander McQueen, Balenciaga, Boucheron, Brioni e Pomellato. Ma anche lui continua a retribuire i team locali pur avendo temporaneamente sospeso ogni attività commerciale dei suoi brand in Russia.

VIA ANCHE GLI OROLOGI LUSSUOSI ED ALTA GIOIELLERIA

Chiusura totale anche da parte di Richemont, che oltre agli orologi più lussuosi del modo, come Panerai, Piaget, Vacheron& Constantin e Baume&Mercier, controlla anche l’alta gioielleria: Cartier, Buccellati e Van Cleef&Arpels. Ma anche la moda, con marchi di nicchia come Chloe e Azzedine Alaïa. Paradossale la situazione di Hermés che a Mosca ha «solo » tre negozi ma in ogni punto vendita del mondo girano le leggendarie liste d’attesa piene di nomi di oligarchi che aspettano da mesi l’ennesima Kelly per non parlare delle Birkin in lucertola azzurra che da sole costano quanto un appartamento neanche troppo piccolo. È difficile che le ordinazioni possano essere onorate.

EFFETTO DOMINO

L’effetto domino delle chiusure riguarda anche il Gruppo Inditex (Zara, Bershka, Massimo Dutti, Oysho, Pull&Bear). In meno di 24 ore ha fatto tirar giù le serrande a 502 punti vendita. Asos e Nike hanno sospeso l’export verso la Russia come del resto hanno fatto Volkswagen e Toyota mentre gli account di Netflix e Disney non sono più raggiungibili. Anche nel resto del mondo i russi non possono comprare la merce griffata di cui sono bulimici perché hanno le carte di credito bloccate Da sabato scorso Paypal e Revoult impediscono la creazione di nuovi account alla clientela russa. Intanto Prada ha bloccato l’e-commerce per tutti i marchi del Gruppo (oltre a Prada Miu Miu, Car Shoes e Church’s).

NIENTE COCA COLA, PEPSI E MCDONALDS PER I RUSSI

Nella ristorazione McDonald’s, Coca-Cola, Pepsi e Starbucks hanno spspeso le attività in Russia. McDonald’s ha deciso di chiudere temporaneamente tutti i suoi ristoranti nel Paese, 850 fast food. Lo ha annunciato l’amministratore delegato Chris Kempczinski, spiegando che l’azienda “continuerà a pagare i 62mila dipendenti che hanno lavorato con il cuore e con l’anima per il marchio”. Anche Starbucks ha annunciato che verranno sospese tutte le sue attività commerciali in Russia, E la Coca-Cola, come moltissime altre grosse aziende, ha sospeso ogni attività con la Russia. A stretto giro è arrivato anche l’annuncio di Pepsi. Il colosso sospenderà tutte le vendite in Russia, oltre agli investimenti di capitale, la pubblicità e le attività promozionali. L’azienda interromperà anche le operazioni in Ucraina per consentire ai dipendenti di cercare sicurezza mentre la guerra si intensifica nel Paese.

CONTINUA A LEGGERE