ieri, su richiesta della Procura di Termini Imerese, è finita ai domiciliari M. P. T., una donna di 46 anni, originaria di Agrigento, maestra in una scuola dell’infanzia di Villafrati. Tutto è nato due mesi fa circa, quando una bambina di tre anni è uscita dalla scuola con una guancia arrossata. Piangendo ha detto che la maestra le aveva dato botte, e la sua mamma non ha esitato ad andare dai carabinieri. Sono quindi partite le indagini, e l’insegnante ieri è stata arrestata. La maestra ha un precedente che ha allertato gli investigatori. Anni fa, quando insegnava in una scuola dell’infanzia di Prizzi, era stata condannata in primo grado e poi assolta per maltrattamenti ai danni dei bambini.
Dopo la denuncia, i militari hanno piazzato telecamere e microspie nell’aula frequentata dai bambini. E, In pochi mesi, da marzo a maggio, sono state raccolte prove che la Procura ritiene inequivocabili e che hanno convinto il giudice per le indagini preliminari a emettere l’ordinanza di custodia cautelare. Nelle intercettazioni audio e video, infatti, ci sono riprese e registrazioni di botte, minacce e insulti quotidiani rivolti ai bambini, tutti di tre anni. Si vede la maestra che strattona i bimbi e li schiaffeggia. Li colpisce anche sulla schiena, sulla guancia e tira le orecchie. Invano i bambini piangendo cercavano di fermarla.
In una ripresa si vede che mentre chatta con il cellulare, minaccia un bambino, e lo minaccia brandendo il cavetto del caricabatterie : «Oggi ti frusto con questo! Ti faccio male, svergognato, pezzo di maleducato e cretino». Ad una bambina dice, mimando il gesto di chi impugna il coltello, «Ti taglio la lingua». Ma gli episodi di violenza sono tanti. Si vedono bambini violentemente strattonati, scaraventati sulla sedia con tanta forza da sbattere la testa sullo spigolo del banco. Una volta, dopo avere dato uno schiaffo ad un bambino gli urla: «Ti metto un tappo in bocca. Botta di sale, meglio che non vieni più a scuola, non ti voglio». In un paio di occasioni impedisce anche ai bambini di andare in bagno, accusandoli di essere bugiardi.