Armi e spaccio dalla Calabria a Roma: diciannove arresti, anche a Messina

I dettagli dell’operazione “Lampetra”

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I militari del comando provinciale di Reggio Calabria hanno messo in atto diciannove misure cautelari per reati a vario titolo. Gli arrestati sono persone, oltre che calabresi, anche delle province di Messina, Milano, Roma e Terni.

Nel corso dell’operazione, denominata “Lampetra”, sono emerse condotte illecite legate ad associazioni di stampo mafioso o finalizzate a spaccio di sostanze stupefacenti. Inoltre, le indagini hanno portato alla luce anche un tentato omicidio e rinvenuto anche armi detenute illecitamente.

Dei soggetti tratti in arresto, quindici sono finiti in carcere e quattro ai domiciliari. Le attività investigative erano partite nel 2019, per concludersi pochi mesi fa. Tramite le indagini si è accertata la connessione con la cosca Nasone – Gaietti, struttura mafiosa legata alla ‘ndrangheta, operante nel territorio di Scilla e zone limitrofe.

LE ATTIVITÀ ILLECITE

Il “business” principale del sodalizio era quello dello spaccio, in particolare tramite una produzione autonoma di marijuana e “canali preferenziali” sulla cocaina. In questo risultava fondamentale il ruolo di uno degli indagati, Carmelo Cimarosa, nipote di Angelo Carina, uomo al vertice dell’organizzazione.

Tra gli altri indagati anche Antonio AlvaroFrancesco Laurendi ed Enzo Violi, soggetti insieme agli altri alle misure cautelari di oggi. A loro carico l’accusa di distribuire di droga al dettaglio, avvalendosi di spacciatori che smistavano un ingente volume di traffico e di quantità di sostanza stupefacente gestito dal gruppo. Il mercato della marijuana, in particolare, era gestito invece dai fratelli di Cimarosa, Silvio Emanuele e Francesco.

Inoltre, nella disponibilità della “banda” vi erano anche armi, tra cui un kalashnikov di fabbricazione russa, che serviva a commettere gravi delitti sul territorio. Tra questi, un agguato ai danni di un cittadino, organizzato solamente per affermare il proprio controllo sul territorio.

Angelo Carina si occupava in prima persona anche di controllare particolari settori dell’economia di Scilla e dintorni, tra cui quello delle concessioni sugli stabilimenti balneari, “dirottate” secondo logiche di convenienza per il sodalizio criminale.