Sono diverse le matrici mafiose coesistenti in Sicilia e convivono secondo “accordi utilitaristici in uno o più settori di cointeressenza”. A dirlo è l’ultima relazione semestrale della Dia, diretta da Maurizio Vallone, sul periodo gennaio-giugno 2021.
Una situazione che, insomma, conferma “la tendenza, già emersa in passato, a rinunciare alla violenza e ai conflitti cruenti in favore di una predilezione per gli affari“. La Direzione investigativa antimafia, individua un elemento nuovo, ossia i rapporti con le mafie nigeriane, soprattutto nella città di Palermo. Qui “i sodalizi centrafricani sembrano aver acquisito un vantaggio competitivo nel settore degli stupefacenti. I “cults” nigeriani sono in grado di governare l’offerta e la domanda, i flussi di sostanze stupefacenti e soprattutto i cospicui proventi derivanti da un mercato che si conferma tuttora fiorente, nonostante la pandemia”.
La droga è ancora “la principale forma di arricchimento”. Non si attenua nemmeno la pressione estorsiva. “L’indole parassitaria di Cosa nostra continua a rappresentare un “fondamentale” irrinunciabile della mafiosità, anche in una contingenza economico-finanziaria fortemente condizionata dalla crisi conseguente alla diffusione della pandemia da Covid-19″.
La criminalità organizzata di tipo mafioso “riesce a realizzare un controllo diffuso e capillare sul territorio di competenza nel mercato legale dei giochi e scommesse online”. Va, inoltre, a “colmare ogni forma di vuoto dello Stato in ragione di una solida attitudine a sfruttare le debolezze e a speculare su aziende e comunità in difficoltà”.
Un quadro acuito dalla pandemia, che ha aggravato la crisi economica. Ciò “avrebbe favorito la crescita del consenso soprattutto nelle aree più povere della Sicilia. Il “welfare state” mafioso capace di assicurare posti di lavoro presso aziende e attività commerciali sottoposte a estorsione, impieghi nella filiera criminale dello spaccio di sostanze stupefacenti e distribuzione di generi alimentari in favore di famiglie in difficoltà, rappresenta oggi il miglior investimento possibile delle mafie per garantirsi in futuro il perpetuarsi del controllo sociale e territoriale”.
Il core business dei gruppi stranieri in Italia è incentrato sul traffico di droga. Tuttavia, sono significativi per dimensioni e pericolosità anche la tratta di esseri umani e il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
La relazione della Dia sottolinea la crescente pericolosità dei sodalizi nigeriani. Questi sono “inseriti a pieno titolo nel narcotraffico utilizzando una complessa rete di corrieri “ovulatori” che introducono nel territorio nazionale eroina e cocaina avvalendosi dei normali vettori aerei e terrestri oppure sfruttando le rotte dei flussi migratori irregolari”. Non solo droga, tuttavia. C’è spazio anche per il traffico di esseri umani, legato allo sfruttamento della prostituzione e all’accattonaggio forzoso. A ciò si unisce la falsificazione di documenti, la contraffazione monetaria, le truffe e frodi informatiche.
Oltre all’azione dei vari gruppi operanti sul territorio nazionale, il rapporto Dia mette in luce anche un altro dato. Si tratta del sempre più frequente uso dei social “per condividere messaggi testuali e frammenti audiovisivi espliciti di ispirazione camorristici”.
Un elemento senza dubbio pericoloso. “Forte è il rischio che l’identità mafiosa possa prendere il sopravvento anche attraverso la credibilità e l’autorevolezza del profilo social che esalta e diffonde la reputazione criminale del soggetto con lo status di uomo di camorra”.
Foto e post divengono ostentazione dell’appartenenza alla criminalità. “L’esaltazione del potere criminale del proprio gruppo, unita alla pratica diffusa dell’ostentazione ricorrente, fornirebbero un chiaro quadro della perversa sottocultura mafiosa con cui la camorra tenta di imporre la propria affermazione sul territorio”.