Tre giovani palermitani creano “Unico”: l’amaro con avocado siciliano

Giuseppe Schillaci: “Il nostro amaro è nato in piena pandemia, quando invece di abbatterci abbiamo deciso di aguzzare l’ingegno”

“Il bello dell’ amarezza è che puoi lavorarci sopra, purificare l’angoscia e il rancore” sosteneva lo scrittore statunitense Don DeLillo. Domenico Viola, Giovanni Battista Castiglione e Giuseppe Schillaci, 32 enni palermitani, sono riusciti a fare anche di più. “Il nostro amaro è nato in piena pandemia, ideato verso la fine della scorsa estate, mentre la produzione, la lavorazione e la creazione vera e propria è nata nel periodo che va da ottobre fino alla sua uscita che risale ai primi di aprile.” A parlare è Giuseppe Schillaci, che con gli altri due soci condivide la Cavisk, “nata nel 2016 e che, per l’appunto in piena emergenza sanitaria abbiamo convertito in Compagnia mediterranea liquori, che altro non è che il concetto che volevamo esprimere”.

LA NOSTRA TERRA DA’ SEMPRE QUALCOSA IN PIU’

Già, un amaro “Unico”, di nome e di fatto, nato da una intuizione che solo gli amanti del buon bere, nonchè esperti del settore, potevano concepire La novità sta nell’avere fatto dell’avocado siciliano il pezzo forte della nostra ricetta. E a chi dovesse obiettare sul sapore piuttosto anonimo del frutto tropicale, Giuseppe precisa. “L’avocado siciliano ha un gusto un pò più dolce, perchè la nostra terra qualcosa in più la dà sempre. E poi bisogna ricordare che l’amaro “Unico”, oltre all’avocado siciliano, nasce anche da infusi e da un mix di erbe aromatiche locali la cui ricetta teniamo segreta”.

Coltivazioni di avocado siciliano

CREDERCI FINO IN FONDO

Troppi i giovani che, causa mancanza di lavoro o perdita dello stesso, decidono di lasciare Palermo in cerca di fortuna. Domenico, Giovanni Battista e Giuseppe, con entusiasmo, costanza e forza di volontà sembrano voler dare l’esempio a non deporre mai le armi, e a credere fino in fondo che qualcosa di buono può nascere anche nella terra natia. “Dobbiamo provarci sempre. E’ facile gettare la spugna e decidere di andare via, ed è anche comprensibile che in tanti siano indotti a farlo perchè alla lunga fiaccati da speranze malriposte. Ma il nostro pensiero è stato fin da subito quello di crederci fino in fondo anche perchè il territorio lo merita. Diciamo pure che la nostra è un’impresa a tutti gli effetti (affema sorridendo Giuseppe ndr).”

QUESTIONE DI RESILIENZA

Ci siamo prefissati un obiettivo, che va da maggio fino a dicembre per un totale di diecimila bottiglie, muovendoci anche nell’ottica di esportare il prodotto. Chiaramente, per quanto ci riguarda è un numero molto basso, giocoforza vincolato alla pandemia in atto. Consideriamo che in una situazione normale, anzichè mille le bottiglie ad oggi sarebbero state almeno cinquemila.” Questione di resilienza insomma, concetto che nessuno, di questi tempi, può mai incarnare meglio di tre giovani imprenditori palermitani.