Aggredito un rider a Palermo. Ieri sera, l’uomo ha consegnato del cibo a domicilio nel quartiere Cep quando è stato colpito con una bottiglia di vetro in testa dalle persone che avevano ordinato la consegna.
“Volevano risparmiarsi l’onere del pagamento – hanno dichiarato il segretario generale Nidil Cgil Palermo, Andrea Gattuso, e Fabio Pace di Nidil Cgil Palermo –. Siamo indignati, è un comportamento che condanniamo. Persone che possiamo definire solo vili e codardi hanno umiliato un onesto lavoratore, costringendolo a subire un atto di una tale violenza, solo perché rider, e per questo ritenuto come un lavoratore di serie B”.
In passato Uber, la piattaforma del rider aggredito, aveva escluso questa zona dalle consegne. Non solo questa, anche altre aree di periferia ritenute difficili erano rimaste scoperte dal servizio. Numerose erano state infatti le segnalazioni di episodi di questo genere. La piattaforma ora aveva deciso di riprovarci, ma un nuovo episodio si aggiunge ai precedenti.
“La congiunzione tra il paradigma del precariato e l’immagine di lavoratori e lavoratrici come i rider, considerati soggetti fragili e quindi da soverchiare, è la manifestazione lampante che la dignità del lavoro coinvolge ogni aspetto del vivere sociale nella nostra società”. Così ha dichiarato Gattuso.
“A Palermo, purtroppo, non è la prima volta che accadono eventi di questo tipo in questo settore, con lavoratori precari più di altri esposti, tra diritti violati e mancanza di sicurezza. L’idea che certi soggetti inqualificabili si sentano liberi di agire così impunemente dietro la convinzione che ‘quel lavoratore è un debole’, assunta proprio a causa dell’immagine precaria che quel lavoratore riflette, non è più ammissibile”.
Nidil Cgil Palermo chiede dunque un segno da parte delle piattaforme del delivery, in termini di assistenza verso i rider che subiscono aggressioni. “Non basta una chat automatica senza nessuna traccia di umanità – prosegue Gattuso -. Serve prevenzione, a partire dal ripensamento di un sistema che non può essere basato solo sul profitto e sul cliché che il cliente ha sempre ragione. Le piattaforme si devono fare carico di assistere i lavoratori anche dal punto di vista legale e delle tutele, perché i rider sono esseri umani e non numeri di un algoritmo. Insieme puntiamo i piedi e alziamo la testa per ribadire il valore della cultura del lavoro, non solo nei luoghi di lavoro, ma anche per le strade e i quartieri delle nostre città”.