Perché il Vaticano ha riaperto le indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi
Caso riaperto dopo una serie di messaggi su Whatsapp, documenti di Vatileaks ed il documentario di Netflix “Vatican Girl”
Alessandro Diddi, promotore di giustizia dello stato di Città del Vaticano e quindi pubblico ministero del Papa, ieri ha annunciato la riapertura delle indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Ha fatto sapere che l’iniziativa è legata alle istanze presentate dal fratello di Emanuela, Pietro. Gli elementi in base ai quali è stato possibile prendere questa decisione sono stati una serie di messaggi su Whatsapp, i documenti di Vatileaks 2 e i dossier sulla scrivania di Ratzinger, recentemente scomparso. E forse, anche, dopo il documentario di Netflix che ha rispolverato la pista dell’“Alto Prelato”, e gli elementi che hanno probabilmente coinvolto anche Karol Wojtyla. Oltre all’interessamento di Papa Francesco, che aveva indirizzato verso la giustizia vaticana la legale della famiglia, Laura Sgrò. Tutti fatti accaduti quasi un anno fa, ma il Vaticano ha deciso di muoversi soltanto adesso.
Intercettazioni scottanti su Emanuela Orlandi
L’improvvisa accelerata si basa in primo luogo su una chat su Whatsapp i cui screenshots sono stati allegati da Orlandi e Sgrò alla denuncia presentata in Vaticano quasi un anno fa. Le conversazioni, come ha ricordato Il Fatto Quotidiano, fanno riferimento a due persone un tempo vicine a Jorge Bergoglio. Uno è monsignor Lucio Vallejo Balda, condannato nel 2016 a 18 mesi di carcere nel processo Vatileaks 2. L’altro è il cardinale Santos Abril y Castello. Entrambi non c’entrano nulla con la scomparsa di Manuela Orlandi avvenuta il 22 giugno 1983, ma potrebbe essere in possesso di documenti sul caso. Uno dei due nell’intercettazione diceva: «Devi andare per questa strada… (…) però bisogna risolvere perché questa è una cosa molto grave… (…) lo dobbiamo dire (…) al Comandante della Gendarmeria? (…) No, no, assolutamente… ma che scherzi, assolutamente no!”».