Raramente un politico italiano ha dimostrato un fiuto così raffinato, un tempismo tanto perfetto nel compiere passi in grado di accrescere la propria impopolarità, l’antipatia, chiamiamola così, di cittadini e elettori quanto Matteo Renzi.
Il demolitore per eccellenza della politica italiana sta collezionando scelte discutibili, una dietro l’altra.
Così, dopo aver causato quella che per molti è la più intempestiva e inopportuna delle crisi di governo, proprio nel giorno in cui era fissato l’inizio delle consultazioni con il presidente della Repubblica Mattarella, Renzi è volato in Arabia Saudita per partecipare a una seduta del Forum Investment Iniziative. Un appuntamento annuale sugli investimenti in quel paese, che ha il patrocinio della famiglia reale Saudita. Renzi è nel board of trustees del Forum.
Una trasferta che sta facendo discutere e indignare molti, sia per la coincidenza temporale tra il suo viaggio e l’avvio delle consultazioni, in un clima di incertezza sullo sbocco della crisi proprio per le posizioni assunte dagli ex alleati con Italia viva; sia per le sue parole nel dialogo con Mohammed bin Salman, figlio dell’attuale monarca arabo.
L’ex presidente del consiglio ha detto che un nuovo Rinascimento oggi può nascere in Arabia Saudita, facendo il parallelo tra la pandemia che sta piagando il pianeta, oggi, e la peste che colpì Firenze, prima appunto della rinascita della cultura europea.
Parole che sembrano cozzare con la realtà di un paese in coda a tutte le classifiche sulla tutela dei diritti umani.
Chissà in quale clima si sarebbe svolta la chiacchierata tra Renzi e bin Salman se si fosse svolta appena due giorni dopo. È notizia di oggi, infatti, che l’Italia ha revocato l’export di bombe verso Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, due paesi direttamente coinvolti nella guerra civile decennale che sta insanguinando lo Yemen con decine di migliaia di vittime civili, nella quasi indifferenza dell’Occidente, fino a ora. Secondo la Rete Italiana Pace e Disarmo, il provvedimento riguarda almeno 6 diverse autorizzazioni già sospese con decisione presa a luglio 2019 tra le quali la licenza MAE 45560 decisa verso l’Arabia Saudita nel 2016 proprio durante il Governo Renzi.
Una coincidenza temporale incredibile, nei giorni in cui il futuro di Giuseppe Conte a Montecitorio dipende anche dal via libera di Matteo Renzi. Che, dice, vuol parlare di programmi, prima che di nomi.
La guerra in Yemen è uno dei “capi d’accusa” delle organizzazioni umanitarie internazionali nei confronti dell’Arabia Saudita, uno dei paesi sotto la lente d’ingrandimento per le violazioni dei diritti umani nei confronti delle donne, dei migranti e dei dissidenti politici, ma anche verso la minoranza religiosa dei musulmani sciiti. Carcerazione, torture e pena di morte sono gli strumenti di un regime che pure sta tentando di promuovere un’immagine riformista, sfruttando tutte le opportunità. Ad esempio come l’ultimo G20, svoltosi in collegamento virtù con Rihad, la capitale araba, e dedicato al tema della emancipazione femminile, proprio mentre cinque attiviste per i diritti delle donne erano state rinchiuse in galera. Proprio come centinaia di oppositori politici e non soltanto.
Nonostante ciò, per Renzi, l’Arabia può essere la culla di un nuovo Rinascimento, che dovrebbe essere l’antitesi di un oscurantismo che ancora vige in quel paese.
È un’altra contraddizione nella linea politica, nella comunicazione di un leader di un partito che, pur col suo 3% scarso è l’ago della bilancia della crisi di governo. Infatti, attraverso il suo esito determinerà il prossimo futuro del nostro paese. Almeno, fino alle prossime elezioni.