Se non è un terremoto poco ci manca. Qualcuno le chiama fibrillazioni ma quel che è certo è che tutto quello che sembrava acclarato prima della recente tornata elettorale è decisamente in altomare. Se tutto è andato secondo pronostico a Palermo e a Messina per le elezioni dei sindaci, non altrettanto si può affermare rispetto ai valori che le forze in campo hanno espresso. A Messina, Cateno De Luca è riuscito a fare eleggere Federico Basile con il 45 per cento dei voti, un successo personale prima ancora che di coalizione e ha già lanciato la propria candidatura alla presidenza della Regione Siciliana. A Palermo Roberto Lagalla è stato eletto al primo turno ed è palese come Forza Italia sia stata determinante per il risultato. Proprio il leader degli azzurri Gianfranco Miccichè non ha perso tempo a mettere in dubbio la ricandidatura di Nello Musumeci alla guida della Sicilia.
Per il presidente uscente non è certo un periodo positivo. I fischi ricevuti a Taormina e le bordate degli avversari hanno praticamente azzerato ogni sua convinzione. Persino il suo partito sembra volerlo scaricare tanto è vero che più di una voce sembra confermare che in Sicilia la guida di FdI sarà affidata a Raffaele Stancanelli.
In questo panorama però non si può prescindere da quanto accade a livello nazionale. C’è la Lega che sembra lanciata a tornare ad essere il primo partito del centrodestra e Giorgia Meloni sta cercando di correre ai ripari dopo avere assaporato per lungo tempo la possibilità di avere la leadership della sua coalizione. L’esperienza siciliana con Nello Musumeci viene in tal senso considerata non del tutto positiva. C’è poi la questione Cinque Stelle che non è trascurabile. I dissidi tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio – culminati con l’abbandono del Movimento da parte di quest’ultimo – affondano le proprie radici già dalla elezione del presidente della Repubblica. Con l’addio del ministro degli Esteri si è concretizzata una scissione grazie ai circa sessanta tra deputati e senatori pronti a seguirlo.
A questo punto, anche la alleanza con il PD vacilla in prospettiva elettorale soprattutto alle prossime politiche del 2023.
Ma, tornando alle cose siciliane, ci sono altri aspetti da sottolineare. Molti ricorderanno del feeling tra Gianfranco Miccichè e Fabrizio Ferrandelli che, nelle elezioni comunali del 2017, si concretizzò con la candidatura a sindaco di quest’ultimo con la coalizione di centrodestra. Sembra che questo amore non sia mai svanito anzi da quello che si percepisce sembrerebbe addirittura rinvigorito. L’exploit del consigliere comunale, capace da solo di catturare il 14 per cento dei consensi, è un patrimonio che il presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana non vuole farsi sfuggire.
Insomma la confusione regna sovrana e la partita per il trono di Palazzo d’Orleans è appena iniziata. I riflettori sono adesso puntati sulla conferenza stampa convocata per giovedì da Nello Musumeci. Annuncerà la sua rinuncia a candidarsi ad ottobre o si dimetterà? Quel che è certo è che “mentre a Roma si discute Sagunto brucia” e la Sicilia in questo momento di tutto ha bisogno tranne che dei teatrini messi in scena da tanti che cercano il successo personale anziché pensare a come realizzare politiche di vero rilancio per la regione, a cominciare da quelle infrastrutture che sono state il pretesto per innescare la critica verso le istituzioni anche da parte di Ficarra e Picone in quel di Taormina.