Silvio Berlusconi è morto questa mattina all’età 86 anni. L’ex premier e leader di Forza Italia è stato per anni al centro di inchieste giudiziarie su corruzione e mafia, fino all’indagine sulle stragi mafiose del 1993. Processi per tutta Italia, che si sono chiusi o con il non doversi procedere per prescrizione o con l’assoluzione.
Dopo l’archiviazione sull’inchiesta che coinvolgeva Berlusconi e Dell’Utri sul rapporto con Cosa Nostra (la prima volta nel 1996 e poi nel 2011), il caso fu nuovamente riaperto nel 2017 in seguito alle intercettazioni in carcere del boss di Brancaccio, Giuseppe Graviano, con il camorrista Umberto Adinolfi. Il mafioso si riferiva al leader di Forza Italia come coinvolto nel patto Stato-Mafia nel periodo delle stragi 1992-93.
“Berlusca mi ha chiesto questa cortesia. Per questo è stata l’urgenza”. Continua Giuseppe Graviano: “Lui voleva scendere, però in quel periodo c’erano i vecchi e lui mi ha detto ci vorrebbe una bella cosa”. E ancora: “Nel ’93 ci sono state altre stragi ma no che era la mafia, loro dicono che era la mafia. Tu lo sai che mi sono fatto 24 anni, ho la famiglia distrutta … alle bu**ane glieli dà i soldi ogni mese. Io ti ho aspettato fino adesso … e tu mi stai facendo morire in galera senza che io abbia fatto niente“. Aggiunge il boss contro Silvio Berlusconi.
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A parlare del presunto coinvolgimento nelle questioni mafiose non è stato soltanto Graviano ma anche alcuni collaboratori. Uno di questi è stato Salvatore Cancemi che in quattro udienze aveva affermato che “Nel contesto temporale del giugno ’92, Riina si assunse la responsabilità di uccidere Paolo Borsellino”. Riina in quel momento – secondo Cancemi – citava Berlusconi e Dell’Utri come “soggetti da appoggiare ora e in futuro e rassicurava che fare quella strage sarebbe stato un bene per tutta Cosa Nostra”.
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Ma per tutte le inchieste, come anticipato, gli inquirenti hanno disposto l’archiviazione perché ritenute infondate. L’unica condanna diventata definitiva è del 2013 ( 4 anni di carcere, 3 dei quali coperti da indulto) per la frode fiscale da 7,3 milioni di euro commessa con la compravendita dei diritti tv Mediaset quando era presidente del Consiglio. Condanna che lo ha costretto a chiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali di 10 mesi e mezzo, al netto dello sconto per la liberazione anticipata.