“In Afghanistan, tutti i gruppi etnici sono stati danneggiati. Hazara, tagiki, pashtun, uzbeki. Ma non si può ignorare il fatto che giovani e vecchi, bambini e persino neonati, di nessun gruppo, sono stati attaccati o massacrati come gli Hazara”. E ancora, “Questa è una causa, non una canzone; una causa per l’uccisione sistematica di migliaia di civili vittime per decenni. Chiedo a tutti di essere la voce di questa causa contro questo genocidio”. Di Parviz Shomal, giornalista afghano, il primo disperato commento. Di Ghogha Taban, importante attivista dei social media in Afghanistan, tramite post, il secondo accorato appello. Due tra le tantissime voci che si sono levate in questi nerissimi giorni a difesa degli afghani dopo la salita al potere dei talebani.
Lontana fisicamente migliaia di chilometri dallo scenario in cui si sta consumando la tragedia, è grazie alla testimonianza di Mohamed – ex militare che ha combattuto i Talebani nel suo Paese, oggi cuoco nella nostra città – che la redazione di PalermoLive si sente vicino, quantomeno con il cuore, agli sventurati dell’Afghanistan.
“Quello in atto altro non è che un gioco dettato dagli interessi geopolitici della zona – racconta Mohamed. Un gioco in cui i protagonisti principali sono stati negli anni gli americani. Così come la Russia e la Cina. Fino a quando faceva comodo tenere lontani i talebani, è stato assicurato l’impegno militare. Non appena questi interessi sono venuti meno, ecco che il mio popolo è stato abbandonato a se stesso.”
“Una cosa è certa, ciò che si vede in televisione e nei media in generale è niente rispetto a quello che accade nella realtà. Oltre al triste aspetto che, non appena l’attenzione mediatica si affievolirà, la situazione nel mio Paese rischia davvero di degenerare.” Una realtà terrificante, visto che, come tutto il pianeta, anche l’Afghanistan è stato colpito duro dalla pandemia. “Ma, credetemi – precisa Mohamed -, l’ascesa al potere dei talebani è talmente grave da far sì che la gente abbia completamente dimenticato i rischi legati al Covid“
Palermo quale meta finale di un itinerario che, nell’ottica di trovare un lavoro, ha visto Mohamed girare tanto l’Italia. “Giunto nel vostro Paese, ho fatto una sorta di andata e ritorno sud nord. Da Reggio Calabria a Roma fino a Milano, Torino e Venezia. Per poi prendere la decisione di venire in Sicilia, a Palermo, dove posso dire di sentirmi a casa”.
Ma si sa, la vera casa è sempre quella delle origini, laddove si sente forte il legame con le proprie radici. A maggior ragione quando si lasciano amici e parenti. “Penso sempre al mio popolo; in generale a tutte le donne che rischiano di vedere cancellati i diritti conquistati dai talebani. E in particolare alle mie donne, che sono tante; ovvero le mie due sorelle e le mie nipoti. Ho fatto una lista dei mei parenti, in modo tale che, qualora dovessi riuscire ad avere una mano, spero di portarle al più presto in Italia.”